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Exodus, scoperto il virus spia che ha colpito un migliaio di italiani

Nonostante le varie aziende che producono device quali pc e smartphone puntano fortemente sulla sicurezza dei propri dispositivi, rilasciando mensilmente patch apposite, gli attacchi hacker continuano a fare danni e penetrare facilmente le difese, soprattutto di quelle dei cellulari. Virus, malware, spyware, attacchi phishing sono i metodi principali che sfruttano i malintenzionati per accedere nei terminali e rubare dati sensibili.

Recentemente, la società Security Without Borders, esperta in sicurezza, ha scoperto uno spyware, chiamato Exodus e prodotto da un’azienda italiana,  eSurv. Exodus ed eSurb, che ha colpito un migliaio di utenti italiani inconsapevoli per alcuni mesi nel 2016.

 

Exodus, lo spyware italiano

Nella prima riga del codice di Exodus si possono notare i termini “Munnezza” e “Rino Gattuso”, un modo per rivendicare la paternità calabrese dello spyware. Secondo quanto emerge dalle prime informazioni, lo spyware ha colpito un migliaio di smartphone Android, tramite il download di applicazioni normali su Play Store, circa 25 app, poi rimosse.

Per molti mesi, questo virus ha spiato ogni mossa di questi telefoni. Gli spyware, infatti, sono software malevoli che prendono il controllo in remoto del dispositivo, e l’hacker può tranquillamente visionare tutto ciò che vuole dallo smartphone, dalle chiamate agli sms, fino all’utilizzo di applicazioni di messaggistica quali WhatsApp e Telegram. Exodus, secondo quanto emerso, agiva in due fasi:

  • Infettare lo smartphone e controllare solo il numero di cellulare ed il codice identificativo unico IMEI.
  • Successivamente, il virus prende il controllo completo del dispositivo, dando libera visione a tutto.

Lukas Stefanko, ricercatore della ESET, un’azienda che si occupa di sicurezza, ha parlato così del problema che affligge spesso i dispositivi Android:

«Sia nel 2018 che nel 2019, i malware hanno penetrato con con successo i meccanismi di sicurezza di Google Play. Alcuni miglioramenti sono necessari. Google non è una compagnia di sicurezza, ma forse dovrebbero concentrarsi maggiormente su questo».

Francesco Borea

Studente universitario Appassionato di tecnologia

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