Secondo una nuova ricerca, a causa dei cambiamenti climatici e dello sfruttamento del suolo, gli animali hanno già perduto il 18% dei loro habitat in tutto il mondo. E nei prossimi 80 anni si potrebbe arrivare ad una perdita pari al 23%.
Nello studio sono stati analizzati i cambiamenti nella gamma geografica di 16.919 specie, negli ultimi 320 anni, dal 1700 ai giorni nostri. Con i dati ottenuti dalla ricerca, gli scienziati hanno anche creato dei modelli di previsione per i cambiamenti futuri fino all’anno 2100, in 16 diversi scenari climatici e socioeconomici.
Il dottor Robert Beyer del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge, afferma che “la dimensione dell’habitat di quasi tutti gli uccelli, mammiferi e anfibi conosciuti si sta riducendo, principalmente a causa della conversione del suolo da parte degli esseri umani mentre continuiamo ad espandere le nostre aree agricole e urbane”.
Per alcune specie l’impatto umano è più dannoso che per altre. I ricercatori stimano che circa il 16% delle specie, ha perso oltre metà dei suoi habitat e che entro la fine del secolo questa percentuale potrebbe salire al 26%.
La maggior parte delle perdite di habitat si è registrata nelle zone tropicali. Man mano che gli esseri umani spostano le loro attività più in profondità nei tropici, l’effetto sulla gamma di specie sta diventando sproporzionatamente più grande. Questo perché in queste zone vi è una maggiore ricchezza di specie e poiché gli habitat di queste specie erano modesti già in partenza.
Come spiega Beyer “i tropici sono hotspot di biodiversità con molte specie di piccole dimensioni. Se un ettaro di foresta tropicale viene convertito in terreno agricolo, molte più specie perdono proporzioni maggiori dei loro habitat rispetto a luoghi come l’Europa”.
Secondo i modelli ricavati dai dati raccolti nello studio, i cambiamenti climatici avranno un impatto sempre maggiore sugli areali geografici delle diverse specie. Gli eventi dovuti ai cambiamenti climatici, come l’innalzamento delle temperature e le alterazioni nei modelli delle precipitazioni, porteranno a profondi cambiamenti negli ecosistemi, di cui saranno mammiferi, uccelli, anfibi e specie vegetali a farne le spese. Ad esempio i ricercatori ritengono che ampie parti dell’Amazzonia potrebbero cambiare da foresta pluviale a baldacchino ad un’alternanza di savana boschiva e praterie aperte nei prossimi 100 anni.
Beyer afferma dunque che “le specie in Amazzonia si sono adattate a vivere in una foresta pluviale tropicale. Se il cambiamento climatico provocherà il cambiamento di questo ecosistema, molte di queste specie non saranno in grado di sopravvivere. O saranno almeno spinte in aree più piccole della foresta pluviale rimanente”. I ricercatori hanno inoltre notato che la perdita di habitat per la maggioranza delle specie. È strettamente collegata all’aumento delle emissioni di carbonio.
La distruzione degli ecosistemi naturali per far spazio a terreni agricoli e conglomerati urbani, unita alle trasformazioni ambientali causate dai cambiamenti climatici, sono le cause principali del declino delle dimensioni degli areali geografici e due delle minacce più importanti alla biodiversità terrestre globale.
Il professor Andrea Manica del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge, che ha guidato lo studio, ha dichiarato che, “sebbene il nostro studio quantifichi le drastiche conseguenze per le specie se l’uso globale del suolo e il cambiamento climatico non vengono controllati, dimostrano anche l’enorme potenziale di un’azione politica tempestiva e concertata per arrestare le tendenze nelle contrazioni della gamma globale di habitat. Tutto dipende da cosa faremo”.
Foto di Erik Karits da Pixabay
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