Le Isole dei Quattro Monti sono un arcipelago vulcanico che si trova nell’arco centrale aleutino, composto da sei stratovulcani ravvicinati: il Carlisle, il Cleveland, l’Herbert, il Kagamil, il Tana e l’Uliaga. Uno di questi, il monte Cleveland, è uno dei vulcani più intensamente attivi in Nord America negli ultimi 20 anni; il monte, che gli scienziati pensano sia un vulcano sottomarino, mostra un’attività eruttiva caratterizzata da piccole esplosioni che producono nuvole di cenere che si elevano per un’altezza compresa fra 4,5 e 9 km sul livello del mare.
La dottoressa Diana Roman, ricercatrice presso il Carnegie Institution for Science, e i suoi colleghi hanno studiato il Monte Cleveland cercando di comprendere la natura dell’arcipelago. Gli scienziati hanno raccolto diverse prove che indicano che le isole potrebbero appartenere a un’unica caldera interconnessa.
A differenza degli stratovulcani, che tendono a sfruttare serbatoi di magma di piccole e modeste dimensioni, una caldera nasce grazie alla presenza di un enorme serbatoio nella crosta terrestre. Quando la pressione del serbatoio supera la forza della crosta, enormi quantità di lava e cenere fuoriescono in un’eruzione catastrofica.
Quelle che originano la caldera sono le eruzioni vulcaniche più esplosive della Terra e spesso hanno avuto effetti sull’intero pianeta. Le ceneri e i gas che immettono nell’atmosfera possono influenzare il clima della Terra e innescare disordini sociali.
La dottoressa Roman spiega che, se fosse vero, questo sarebbe il primo vulcano delle isole Aleutine a nascondersi sott’acqua. La studiosa aggiunge che tutti i dati che il suo team ha raccolto puntano verso la conferma dell’ipotesi di una caldera. Tuttavia, gli stessi scienziati si mostrano prudenti, aggiungendo che non vi sono ancora prove certe.
Per verificare l’esattezza di tale ipotesi e dire con certezza che si tratti di un vulcano sottomarino, dunque, i ricercatori dovranno tornare sul posto e raccogliere prove più dirette e sicure. Il team presenterà i primi risultati la prossima settimana, durante l’AGU’s Fall Meeting 2020.
Ph. credits: John Lyons / USGS
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