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Alzheimer del padre: scoperta una possibile connessione con l’aumento della proteina tau nel cervello dei figli

Un padre con Alzheimer potrebbe lasciare un’impronta più profonda di quanto si pensasse, anche nel cervello dei figli adulti. A rivelarlo è una recente ricerca che ha scoperto un collegamento tra la malattia neurodegenerativa paterna e l’aumento dei livelli della proteina tau, uno dei principali indicatori dell’Alzheimer.

La proteina tau, quando si accumula in modo anomalo nel cervello, contribuisce alla degenerazione neuronale tipica dell’Alzheimer. Fino ad oggi, la ricerca si era concentrata soprattutto sul ruolo della beta-amiloide e sulle mutazioni genetiche ereditarie, ma questa nuova prospettiva paterna apre scenari inediti.

Alzheimer e geni paterni: individuato un possibile legame con la proteina tau

Lo studio, condotto su un gruppo di adulti sani con almeno un genitore malato di Alzheimer, ha mostrato che chi aveva un padre affetto dalla malattia presentava livelli di tau significativamente più elevati, misurati attraverso sofisticate tecniche di imaging cerebrale. Curiosamente, questa correlazione non era altrettanto marcata nei soggetti con madre affetta da Alzheimer, suggerendo una specificità del legame paterno.

I ricercatori ipotizzano che questo fenomeno possa essere dovuto a fattori genetici legati al cromosoma Y o a meccanismi epigenetici ancora poco compresi, che influenzerebbero la predisposizione del cervello a sviluppare accumuli di tau in età adulta.

Questa scoperta potrebbe rivoluzionare l’approccio alla prevenzione della malattia, introducendo nuove variabili nel calcolo del rischio individuale. Se confermato da studi futuri, il dato potrebbe portare a una sorveglianza più precoce e personalizzata per le persone con una storia familiare di Alzheimer paterno.

Un tassello importante al complesso puzzle dell’Alzheimer

Nonostante la malattia di Alzheimer sia multifattoriale e complessa, identificare elementi predittivi come l’aumento precoce di tau può fornire strumenti cruciali per rallentare o modificare il corso della malattia. Intervenire prima della comparsa dei sintomi clinici rimane la sfida principale della neurologia moderna.

Gli scienziati sottolineano però che i risultati non devono allarmare, bensì informare. Avere un padre con Alzheimer non significa necessariamente sviluppare la malattia, ma può rappresentare un fattore di rischio aggiuntivo che vale la pena monitorare, soprattutto con l’aiuto di professionisti e strategie di prevenzione mirate.

In attesa di ulteriori conferme scientifiche, questa nuova pista di ricerca aggiunge un tassello importante al complesso puzzle dell’Alzheimer e ricorda quanto ancora ci sia da scoprire sul modo in cui ereditiamo e processiamo le informazioni neurologiche dei nostri genitori.

Foto di Ernst-Günther Krause (NID) su Unsplash

Marco Inchingoli

Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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