Sono passati più di 100 anni dalla prima che è stato diagnosticato il morbo di Alzheimer. Da allora sono stati fatti moltissimi studi sulla patologia, ma i risultati non si posso considerare altrettanto validi. Se da un lato ci sono trattamenti efficaci nel rallentare la malattia, dall’altro non c’è una cura e non ci sono neanche delle vere risposte, come prova una nuova ricerca.
Per tutto questo tempo si è creduto che la causa principale del morbo di Alzheimer sono le placche di proteine beta-amiloide. La teoria in tal senso ha presentato però diversi problemi come la presenza di individui con le placche, ma senza alcun sintomi. Altro punto grosso è che di fatto in oltre cento anni, accanirsi sulle suddette non hanno portato a successi.
Il problema riguarda sempre la proteina in questione, ma non la versione a placche. Lo studio ha visto come la presenza della beta-amiloide 42 solubile ha una correlazione maggiore con i casi di Alzheimer. Più è bassa la presenza della suddetta nell’organismo più i casi risultano gravi, mentre è stato visto come la maggior presenza di placche non causa casi più gravi. Questa nuova teoria va anche a coincidere con casi particolari della malattia, una variante genetica dove non sono presenti placche, ma bassi livelli della proteina.
Alcuni studi si basavano proprio sul ridurre la presenza della beta-amiloide 42 per evitare la formazione di placche. Questi studi però non hanno mai portato a risultati utili alla lotta contro l’Alzheimer. Se questa nuova scoperta venisse confermata allora potrebbe esserci effettivamente un cambio di direzione nei confronti di nuovi trattamenti.
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