Da quando l’agenzia spaziale brasiliana, l’INPE, si è messa a monitorare l’andamento della deforestazione e degli incendi che devastano la foresta dell’Amazzonia, il 2020 è stato il secondo anno più disastroso. L’anno scorso, dopo il 2019, è stato l’anno in cui si sono persi più spazi verdi, ben 8.426 chilometri quadrati di foresta; per usare un paragone, si tratta di due campi di calcio al minuto.
Due anni anni fa sono stati persi 9.178 chilometri quadrati. Non è un caso che in solo due anni si sono registrati i due record in assoluto. È il periodo in cui il presidente del Brasile Bolsonaro è entrato in carica tagliando i fondi dei programmi per la protezione ambientale. Non solo, ha proprio spinto per la distruzione della foresta amazzonica per scopi minerari o agricoli.
Le parole di Marchio Astrini, uno dei responsabili dell’Osservatorio sul clima brasiliano: “I due anni dell’amministrazione Bolsonaro sono stati i peggiori due anni (di deforestazione) registrati nel programma DETER. Non è una coincidenza. È il risultato delle politiche di distruzione ambientale dell’attuale governo.”
L’anno scorso ci sono stati 103.000 incendi, il 16% in più rispetto l’anno precedente. Tra l’agosto del 2019 e del 2020 sono stati persi 11.088 chilometri quadrati, un numero che risulta anche solo difficile visualizzazione. In generale è una grave minaccia alla biodiversità della foresta in questione.
A causa anche della stagione secca che diventa sempre più lunga, la parte meridionale della foresta dell’Amazzonia sta andando incontro a un punto di non ritorno. Apparentemente, entro il 2064 potrebbe raggiungere tale punto e andare in contro a un collasso.
Ph. credit: BBC
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