Le grosse dighe idroelettriche sono sempre state viste in maniera ambigua. Mentre quelle piccole spesso e volentieri risultano utili e non eccessivamente dannose per l’ambiente circostante, i grossi progetti si sono rivelati una vera catastrofe. Molte di queste strutture sono state chiuse e smantellate sia negli Stati Uniti che in Europa; lo studio parla di una chiusura quasi alla settimana.
In realtà molti dei problemi che nascono a seguito della costruzione di dighe sono proprio legate a questa fase iniziale e non alla fave operativa dove viene prodotta l’energia rinnovabile; quest’ultimo ad un certo punto della nostra storia forniva il 71% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Sono state delle strutture importanti per lo sviluppo di molti paesi e per questo quelli che attualmente si sono trovano in una situazione socio-economica non troppo dissimile alla nostra di decenni fa vogliono portare avanti progetti simili, con tutte le conseguenza del caso.
I danni possono essere di due tipi: ambientali e sociali. Ambientali perché lo sbarramento di un fiume causa ingenti danni modificando il percorso naturale del fiume, allagando zone e drenandone altre, ma soprattutto creando un ecosistema instabile. A questo va aggiunto il fatto che quando un terreno viene allagato quest’ultimo rilascia gas serra per via della decomposizione del terreno.
Molti dei progetti sono partiti diversi anni fa con delle promosse e con della situazioni che sono mutate. Dighe che avrebbero dovuto portare X energia adesso ne porteranno la metà per via dei cambiamenti climatici, ma non solo. Spesso interi villaggi vengono fatti evacuare, sia a monte che a valle dalla diga per via dell’effetto che la il blocco avrà sul fiume. Un’ovvia promessa per addolcire un trasferimento forzato è quella ricevere energia elettrica, ma in molti casi le cose sono cambiate.
Un esempio è il progetto che prevedeva la costruire di una diga sul fiume Congo la quale avrebbe dovuto produrre praticamente un terzo dell’energia che l’intero continente produce attualmente. Lo studio ha rivelato che la maggior parte di quella che verrà prodotta sarà mandata direttamente all‘industria sudafricana.
Ecco le parole conclusive del professor Maron, colui che ha portato avanti lo studio: “La grande energia idroelettrica non ha un futuro, questa è la nostra conclusione schietta.”
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