Il tanto temutissimo buco dell’ozono sembrerebbe da tempo in via di guarigione e secondo delle nuove previsioni potrebbe completamente guarire entro poco dopo la metà del secolo, nel 2060. Questo è il dato emerso dalla quinta iterazione di un rapporto quadriennale delle Nazioni Unite dedicato a questo problema. Si potrebbe trattare di una grande vittoria nei confronti del cambiamento climatico anche se c’è molto su cui lavorare.
Questo successo, se tutto andrà come previsto, è merito dei divieti nati nei primi anni duemila nei confronti di tutte quelle sostanza indicate come dannose per il particolare strato dell’atmosfera terrestre. Passo necessario dopo la scoperta del buco verso la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Gli effetti sull’ambiente erano troppo importanti per essere un argomento da ignorare e lasciare ai posteri.
In passato gli studi hanno più volte rivelato come la colpa sia da attribuire a sostanze quali clorofluorocarburi e idroclorofluorocarburi. La loro presenza si concentrava nelle bombolette spray, nei frigoriferi e nei condizionatori e il loro effetto sull’ozono era quello di rompere le molecole dello strato di ozono. Tale disgregazione dello dell’atmosfera permette un passaggio più forte della luce ultravioletta senza però farla uscire.
Di solito si indica come buco dell’ozono quello presente nell’Antartico, ma in realtà c’e ne sono altri minori che dovrebbero guarire molto prima, circa tra il 2030 e il 2050. Fondamentale è continuare a mantenere questa direzione ed evitare una aumento dell’uso delle sostanze proibite.
L’ultimo rapporto pubblicato mettere in guardia da una possibile pratica nota come geoingegneria: “Il problema con questo è il nostro livello di conoscenza dei livelli naturali di particelle nella stratosfera non è così alto. La geoingegneria presenta piuttosto la sfida di perturbare i livelli naturali di particelle nella stratosfera oltre all’impatto sull’ozono”. Tale pratica consiste nell’inviare nella stratosfera particelle in grado di raffreddare il pianeta.
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