Secondo un recente studio, i linguisti sono giunti alla conclusione che le lingue maggiormente parlate al mondo sono quelle più semplici e facili da imparare. D’altronde perché complicarsi la vita? Perché imparare difficili e complicati modi ad esempio di creare il plurale di una parola in una lingua molto irregolare, quando in inglese per la maggior parte delle parole, basta aggiungere -s per il plurale?
In realtà, come afferma l’autore dello studio, Limor Raviv del Max Planck Institute for Psycholinguistics, i linguisti non sono ancora certi se sia la grandezza della comunità ad influenzare la lingua, facendo si che comunità più grandi e diffuse, portino a linguaggi ed a grammatiche più semplici. O se sia invece la semplicità di una lingua a renderla maggiormente diffusa.
Raviv, insieme ai suoi colleghi, Antje Meyer del Max Planck Institute for Psycholinguistics e Radboud University e Shiri Lev-Ari della Royal Holloway University di Londra, ha quindi condotto questo studio proprio per cercare di capire se sia la grandezza e la diffusione della comunità, a plasmare la grammatica di una lingua.
Per la realizzazione dello studio, gli psicolinguisti hanno eseguito dei test sperimentali sulla comunicazione tra persone appartenenti a gruppi di diverse dimensioni(due, quattro, od otto partecipanti). I partecipanti ai test dovevano comunicare tra di loro, senza però poter utilizzare la lingua a loro conosciuta.
Come risultato si sono ottenuti dei nuovi linguaggi, dato che l’obiettivo del test era quello di riuscire a comunicare agli interlocutori, delle brevi scene utilizzando solo parole inventate e far capire agli altri di cosa si stesse parlando (ad esempio facendogli indovinare la forma, il colore o la direzione di un immagine mostrata all’interlocutore). Per ogni interazione riuscita, sono stati assegnati dei punteggi e tutte le persone sono state accoppiate con interlocutori diversi ad ogni nuovo test ed inventando parole ad ogni turno.
Inizialmente le persone hanno inventato nomi a caso ed indovinato in maniera fortuita. Ma con il passare delle ore i partecipanti al test, hanno iniziato ad usare sistematicamente delle combinazioni di parole, di suffissi o prefissi, creando una sorta di mini-lingua. Con un sistema più regolare, diventa più facile prevedere il significato delle nuove parole.
Analizzando i dati ricavati dall’esperimento, il team di psicolinguisti ha potuto concludere che nei gruppi più grandi vi era stata effettivamente la creazione di un protolinguaggio con una sorta di grammatica più sistematica. Secondo Raviv, questo si verifica poiché nei gruppi più grandi vengono proposte ed ideate più varianti della stessa parola. Questa maggiore variabilità contribuiva dunque alla creazione del linguaggio.
Ma si sa che le dimensioni non sono l’unica cosa che conta, nel loro studio infatti, Raviv ed i suoi colleghi, hanno scoperto che a contribuire alla nascita di una sorta di linguaggio vi è anche la somiglianza tra due o più gruppi diversi. Secondo Raviv, questo “potrebbe significare che nel mondo reale, le lingue più parlate sono potenzialmente più simili l’una all’altra rispetto alle lingue meno diffuse”. Il team di psicolinguisti ha quindi concluso che “l’ambiente sociale in cui si evolvono le lingue, ed in particolare il numero di persone nella comunità, può influenzare la grammatica”.
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