Secondo uno studio condotto dall’Università di Oxford su circa 959.000 app scaricabili da Google Play e negli Stati Uniti, quasi il 90% delle app Android condivide i dati con Google. I ricercatori hanno anche scoperto che circa la metà delle app condivide tali dati con almeno altre dieci aziende di terze parti, come Facebook e Twitter.
Questo accade a causa del notevole aumento negli ultimi anni, di app Android gratuite o “freemium”. Queste si basano sulla pubblicità e sulla condivisione dei dati per poter essere gratuite. Il tipo di dati generalmente raccolti da queste app e poi trasmesse a terzi, sono in genere l’età, il sesso e la posizione dell’utente.
Scondo lo studio, le app peggiori per la condivisione di dati sono quelle destinate ai bambini. Sia i giochi che le app di notizie per bambini infatti, sono tra il maggior numero di quelle associate a tracker di terze parti.
I ricercatori descrivono questo tipo di raccolta e monitoraggio dei dati di massa come una vera sfida per le aziende per quello che riguarda la regolamentazione di questa attività. Non solo per le aziende che devono rispettare le leggi, la sfida è anche per gli organi che devono farla rispettare.
Secondo i ricercatori dell’Università di Oxford questi dati non sono comunque sorprendenti, visto i modelli commerciali che oggigiorno utilizzano le grandi aziende. La commercializzazione e l’utilizzo dei dati degli utenti è molto comune ai nostri tempi.
Come ha dichiarato Morten Brogger, CEO della app di comunicazione criptata Wire:
“[Le app] sono gratuite perché usano i dati, piuttosto che un pagamento per il download, per fare soldi. L’uso di strumenti di comunicazione gratuiti significa rendere disponibili i dati della tua attività e poter costruirne un profilo approfondito. Questo profilo ci porterà sempre più vicini a questo tipo di business, senza che ce ne rendiamo conto.”
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