Alcuni strumenti, come ad esempio semplici scaglie di pietra taglienti, consentirono ai primi esseri umani di sfruttare nuove risorse e prosperare in condizioni ed ambienti mutevoli. E, come rivela una nuova ricerca condotta nella gola di Olduvai in Tanzania, sembra che gli ominidi possedevano questa capacità già milioni di anni fa.
Lo dimostra una nuova ricerca condotto nella parte occidentale inesplorata dell’antico bacino di Olduvai, nella località di Ewass Oldupa, che nella lingua Maa, parlata dai residenti locali, significa “la via per la gola”. Ed è un nome appropriato dato che il sito si trova a cavallo del sentiero che collega il bordo del canyon con il fondo della gola. Qui, la parete del canyon esposta rivela 2 milioni di anni di storia.
Il nuovo studio, pubblicato su Nature Communications, è il risultato di uno sforzo multidisciplinare. Una collaborazione tra archeologi, geoscienziati, biologi, chimici e scienziati dei materiali. Nonché una collaborazione internazionale in cui i principali ricercatori canadesi e tanzaniani hanno lavorato con partner in Africa, Nord America ed Europa.
Il team di ricercatori inoltre ha lavorato a stretto contatto con gli studiosi e le comunità Maasai durante gli scavi del sito. Il gruppo di ricerca ha impiegato un folto gruppo di partecipanti, selezionati dalla comunità locale. E oltre alla sensibilizzazione della comunità nella lingua nazionale, lo swahili, questo progetto offre opportunità di istruzione universitaria a due studiosi Maasai interessati all’archeologia e al patrimonio, insieme a molti altri tanzaniani.
In questa nuova ricerca, è stato descritto un vasto insieme di strumenti in pietra, ossa fossili e elementi chimici derivati da materiali dentali e vegetali. Sono stati analizzati persino i frammenti microscopici di piante, alcuni pollini antichi e del carbone di legna aerotrasportato da incendi naturali, recuperati da antichi alvei e affioramenti di laghi nelle pianure del Serengeti.
Tutto l’insieme dei dati raccolti in questo studio, presentano le prime prove dell’attività umana nella gola di Olduvai: circa 2 milioni di anni fa. Inoltre dimostrano anche che i primi esseri umani erano in grado di sfruttare una grande diversità di habitat, adattandosi al costante cambiamento.
Gli strumenti di pietra scoperti nel sito, appartengono alla “cultura” che gli archeologi identificano come Oldoviana. In Africa orientale, l’era Oldoviana ha avuto inizio circa 2,6 milioni di anni fa. Questa scoperta rappresenta un importante punto di riferimento che mostra che i primi esseri umani interagirono con il loro ambiente in nuovi modi, ad esempio cambiando la loro dieta combinando carne e piante.
La concentrazione di strumenti di pietra e fossili di animali è la prova che sia gli uomini che la fauna si sono stabiliti intorno alle fonti d’acqua. Abbiamo anche appreso che gli ominidi dell’era Oldoviana portavano con sé le rocce da cui ricavavano gli strumenti, raccolti da luoghi lontani dal bacino di Olduvai, per l’esattezza circa 12 chilometri più a est.
Inoltre svilupparono anche una certa flessibilità nell’utilizzare vari ambienti mutevoli. Questa ricerca rivela infatti che i paesaggi geologici, sedimentari e vegetali intorno a Ewass Oldupa sono molto cambiati, e rapidamente. Eppure gli ominidi hanno continuato a fare ritorno in questi luoghi, per utilizzare le risorse locali, per oltre 200.000 anni.
Hanno utilizzato una grande diversità di habitat: prati di felci, mosaici boschivi, paesaggi bruciati naturalmente, palmeti sul lago e steppe. Questi habitat venivano regolarmente ricoperti dalla cenere o rielaborati da flussi associati alle eruzioni vulcaniche.
Grazie ai passati lavori radiometrici e a quelli attuali, che utilizzano l’Argon per datare la deposizione di materiali vulcanici che racchiudono i reperti archeologici, i ricercatori hanno potuto datare questi manufatti a un periodo noto come Pleistocene inferiore, ovvero circa 2 milioni di anni fa.
Questo significa dunque che già 2 milioni di anni fa, gli ominidi erano in grado di costruire ed utilizzare dei rudimentali strumenti. Ciò che rimane ora da chiarire è di quali ominidi si trattasse. Non sono infatti stati recuperati fossili di ominidi, a parte i resti di Homo habilis trovati nei sedimenti più giovani di un altro sito a soli 350 metri di distanza.
È probabile che l’Homo habilis o un membro del genere Paranthropus, i cui resti sono stati trovati in precedenza anche nella gola di Olduvai, fosse il produttore di questi utensili. Ma saranno necessarie ulteriori ricerche per averne la certezza.
Ph. Credit: Nature
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