Foto di swiftsciencewriting da Pixabay
Un’importante ricerca condotta dal Karolinska Institutet e dalla Stanford University ha identificato un legame tra il virus di Epstein-Barr (EBV), il sistema immunitario e il rischio di sviluppare la sclerosi multipla (SM). Lo studio, pubblicato sulla rivista PNAS, mostra come determinati anticorpi virali, in combinazione con specifici fattori genetici, possano contribuire all’insorgenza della malattia.
Il virus di Epstein-Barr è estremamente diffuso: si stima che tra il 90 e il 95% della popolazione adulta mondiale ne sia portatore. Nella maggior parte dei casi, l’infezione avviene senza sintomi evidenti o si manifesta con una mononucleosi infettiva nei giovani adulti. Una volta contratto, il virus rimane latente nel corpo per tutta la vita.
Negli ultimi anni, diversi studi hanno suggerito una forte correlazione tra EBV e la sclerosi multipla, una malattia autoimmune che attacca il sistema nervoso centrale. Tuttavia, i meccanismi precisi di questa associazione non erano ancora del tutto chiari.
I ricercatori hanno scoperto che gli anticorpi prodotti in risposta a una proteina dell’EBV, chiamata EBNA1, possono reagire in modo incrociato con una proteina del cervello, la GlialCAM. Questo fenomeno potrebbe scatenare una risposta autoimmune, contribuendo al danno neurologico tipico della SM.
Analizzando i campioni di sangue di 650 pazienti con SM e 661 individui sani, è emerso che livelli elevati di anticorpi contro EBNA1 e GlialCAM sono più comuni nei malati di SM rispetto al gruppo di controllo.
Oltre agli anticorpi, lo studio ha evidenziato il ruolo di alcuni fattori genetici. In particolare:
Questi elementi suggeriscono che la combinazione tra predisposizione genetica e risposta immunitaria al virus possa essere un fattore determinante nell’insorgenza della malattia.
La scoperta potrebbe aprire nuove strade per la diagnosi precoce della sclerosi multipla. Se questi anticorpi vengono rilevati nel sangue prima della comparsa dei sintomi clinici, potrebbero diventare biomarcatori predittivi della malattia.
“La comprensione di questi meccanismi potrebbe portare allo sviluppo di test diagnostici più precisi e, in futuro, a strategie di prevenzione mirate”, ha dichiarato il professor Tomas Olsson, tra i principali autori dello studio.
Gli scienziati continueranno a studiare il rapporto tra EBV e SM, esaminando campioni di sangue raccolti prima della comparsa della malattia. L’obiettivo è individuare il momento esatto in cui questi anticorpi iniziano a manifestarsi e comprendere meglio il loro ruolo nell’evoluzione della sclerosi multipla.
Nel frattempo, questa ricerca rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della malattia e potrebbe contribuire allo sviluppo di nuovi trattamenti per le persone affette da SM.
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