In caso di catastrofe globale, il vero oro sarà verde. Non quello dei soldi, ma quello delle coltivazioni capaci di sopravvivere a un inverno nucleare. Un nuovo studio pubblicato su PLOS One offre una mappa agricola per la sopravvivenza urbana: colture essenziali, ad alta resa e capaci di resistere anche in scenari estremi.
Piselli e patate per tempi normali
In un mondo ancora funzionante – ma sull’orlo del collasso – la strategia più efficace per coltivare cibo in città è puntare su legumi come i piselli. Ricchi di proteine e poco esigenti in termini di spazio, sono ideali per l’agricoltura urbana nei climi temperati.
Appena fuori dalle città, dove i terreni sono più estesi, lo studio suggerisce di affidarsi a colture ad alta resa come le patate, capaci di offrire molte calorie su superfici relativamente ridotte.
Spinaci e barbabietole: i superstiti del gelo
Ma cosa accadrebbe se la Terra entrasse in un inverno nucleare? In uno scenario simile, con la luce solare oscurata e le temperature crollate, molte piante smetterebbero di crescere. In città, i piselli non sopravviverebbero. La soluzione? Spinaci e barbabietole da zucchero, due colture resistenti al freddo e capaci di mantenere un minimo di produttività anche con poca luce.
Sono umili, ma essenziali. Le barbabietole, in particolare, forniscono zuccheri naturali e una discreta quantità di calorie, mentre gli spinaci contribuiscono con vitamine e sali minerali.
Grano e carote: la coppia perfetta dell’apocalisse
Nei campi periurbani, la combinazione migliore in caso di collasso climatico è grano per il 97% e carote per il 3%. Il primo garantisce energia e lunga conservazione. Le seconde, anche se meno caloriche, completano il fabbisogno con vitamina A e altri micronutrienti.
È un equilibrio tra nutrizione e sopravvivenza: pochi ingredienti, coltivati su ampie superfici, che possono tenere in vita una comunità in assenza di sistemi logistici complessi.
Cibo urbano: non basta ma è un inizio
Lo studio avverte che le coltivazioni urbane non sarebbero comunque sufficienti a sfamare un’intera città: nei casi più ottimistici, si arriverebbe al 16% del fabbisogno. La vera salvezza arriverebbe dai terreni agricoli limitrofi e da un uso razionale delle risorse.
In ogni caso, conoscere oggi quali piante garantiscono la massima resa nei peggiori scenari possibili può significare la differenza tra vita e morte, in un futuro che – secondo l’Orologio dell’Apocalisse – è “a un secondo dalla mezzanotte”.
Foto di Pete Linforth da Pixabay