Negli Stati Uniti le forze dell’ordine si scontrano spesso con i dispositivi prodotti da Apple. Non letteralmente sia chiaro, ma ogni volta che in un’indagine salta fuori un iPhone bloccato allora le cose si complicano parecchio. Gli inconvenienti saltano fuori nel momento in cui il possessore, quello sospettato di qualche crimine, ha messo in sicurezza il proprio telefono con il Touch ID o con il più recente Face ID.
Le controversie tra l’FBI e la compagnia statunitense sono iniziate nel 2016 quando quest’ultima non aveva acconsentito a sbloccare un iPhone 5c. Da allora le agenzie federali si sono munite di diversi ritrovati tecnologi per aggirare il sistema di sicurezza messo in piedi da Apple. Si trattano di cracking machine e le più famose sono GrayShift e Cellebrite.; la prima tra queste ha già addirittura battuto gli aggiornamenti in merito arrivati insieme ad iOS 12.
C’è da dire che queste macchine non funzionano sempre e a volte non sono neanche disponibili, basti pensare magari ad una piccola città. In questi casi le forze dell’ordine si devono inventare qualcos’altro, come in un caso successo ad inizio anno. Degli agenti si sono presentati alla veglia funebre di quello che era comunque sospettato di un crimine e hanno cercato di attivare l’iPhone usando la mano proprio del morto; non ha funzionato.
Recentemente invece, poco più di un mese fa, altri agenti hanno cercato di entrare in un iPhone X sfruttando il viso di un uomo. Di per sé non è successo nulla, anche perché quest’ultimo ha acconsentito senza problemi anche se poi non ha fornito un successivo codice che serviva agli agenti per analizzare i file su un computer.
Il punto centrale di tutto questo è che si crea qualcosa di nuovo dal punto di vista giuridico. Nonostante gli agenti avessero con sé un mandato non è chiaro se il documento sarebbe bastato anche per chiedere lo sblocco tramite Face ID. Gli avvocati potrebbero sostenere che basterebbe nominare il quinto emendamento (autoincriminazione) per evitare di acconsentire ad un tale richiesta.
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