Un team di ricercatori ha sviluppato un nuovo metodo di apprendimento automatico che potrebbe aiutarci a misurare l’ora attuale del nostro orologio biologico interno. Questo nuovo metodo sarebbe dunque in grado di aiutarci a migliorare la nostra salute attraverso scelte migliori, ad esempio aiutandoci a capire quando e per quanto tempo dormire.
Questo nuovo studio è stato condotto da un team di ricercatori dell’Università del Surrey e dell’Università di Groningen. Nella loro ricerca il team ha utilizzato un programma di apprendimento automatico per analizzare i metaboliti nel sangue in modo da prevedere l’ora del nostro ritmo circadiano.
Al momento il metodo standard per determinare i tempi del sistema circadiano è misurare le tempistiche del nostro ritmo naturale della melatonina, un ormone prodotto dalla ghiandola pineale, posta alla base del cervello, che agisce sull’ipotalamo e ha la funzione di regolare il ciclo sonno-veglia. In particolare si registra il momento in cui iniziamo a produrre melatonina, noto come insorgenza di melatonina in luce fioca (DLMO).
Come spiega la professoressa Debra Skene, ricercatrice dell’Università del Surrey e coautrice dello studio, per realizzare lo studio, sono stati prelevati due campioni di sangue dai partecipanti alla ricerca. Dopodiché sono stati analizzati con questo nuovo metodo di apprendimento automatico che si è rivelato “in grado di prevedere il DLMO degli individui con un’accuratezza paragonabile o migliore rispetto ai precedenti metodi di stima più intrusivi”.
Più precisamente sono stati prelevati una serie temporale di campioni di sangue da 24 persone: 12 uomini e 12 donne. I partecipanti erano tutte persone sane, non fumatori e con orari di sonno regolari.
Il team di ricerca ha quindi misurato i ritmi di oltre 130 metaboliti utilizzando un approccio metabolomico mirato (la metabolomica è lo studio sistematico delle uniche impronte chimiche lasciate da specifici processi cellulari, nello specifico, lo studio dei loro profili metabolici a molecole piccole). Questi dati sui metaboliti sono stati poi utilizzati in un programma di apprendimento automatico per prevedere i tempi circadiani.
La professoressa Skene ritiene che questa nuova metodologia possa essere “più conveniente e richiede meno campionamento rispetto agli strumenti attualmente disponibili. Sebbene il nostro approccio debba essere convalidato in diverse popolazioni, potrebbe aprire la strada per ottimizzare i trattamenti per i disturbi del sonno, del ritmo circadiano e per il recupero dalle lesioni.”
I ritmi circadiani influenzano infatti la fisiologia, il metabolismo e i processi molecolari nel corpo umano. La stima del tempo corporeo individuale (fase circadiana) è quindi molto rilevante per l’ottimizzazione individuale del comportamento (sonno, pasti, sport), per il campionamento diagnostico, il trattamento medico e per il trattamento dei disturbi del ritmo circadiano.
Dunque, nonostante la stima del tempo corporeo circadiano utilizzando la metabolomica mirata al sangue richieda un’ulteriore convalida, ad esempio su persone che lavorano su turni o in differenti condizioni della vita quotidiana e su più popolazioni, può comunque essere un ottima base per aiutare l’ottimizzazione personalizzata del comportamento e il trattamento clinico.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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