In questo furioso 2020, la Natura continua ad inviare all’uomo i suoi segnali, ma noi sembriamo davvero refrattari a recepire i suoi chiari messaggi. Intanto, anche se siamo quasi alla fine di ottobre, il principale vivaio di ghiaccio marino dell’Artico, situato nel mare di Laptev, in Siberia, non si è ancora congelato, il ghiaccio fatica a tornare dopo l’estate ed è in ritardo.
Di solito inizia a formarsi proprio in questo periodo, ma in questo 2020 un’ondata di calore, incredibilmente intensa e lunga per il periodo, nella Russia settentrionale e nelle acque del vicino Oceano Atlantico sta impedendo al ghiaccio di riformarsi.
Il riscaldamento globale e l’innalzamento delle temperature, sono la causa di queste intense ondate di calore di cui quest’ultima ha prodotto un aumento della temperatura media stagionale di ben 5 °C.
L’aumento delle temperature ha portato i ghiacci a sciogliersi velocemente ed in anticipo durante l’estate e ora ne impedisce il riformarsi prima dell’arrivo dell’inverno. Il calore impiega infatti troppo tempo per dissolversi nell’atmosfera e permettere il raffreddamento e la formazione del ghiaccio. Questo nonostante in questo periodo ci siano in questa zona solo 2 h di luce al giorno.
Gli scienziati temono che il congelamento ritardato in Siberia possa accelerare il declino dell’intera calotta glaciale artica. Il Polo Nord infatti si sta riscaldando al doppio della velocità rispetto al resto del Pianeta. Le conseguenze di una calotta polare ridotta sarebbero davvero serie. La minore superficie di ghiaccio bianco, significherebbe infatti una minore superficie per riflettere il calore del Sole nello spazio.
In questo senso il mare di Laptev svolge un ruolo fondamentale per l’ecosistema Artico e per la Terra. È infatti in questo bacino che nasce tutto il ghiaccio che poi si sposta verso Ovest durante l’inverno, trasportando le sostanze nutritive e “concimando” l’Artico. Dal mare di Laptev infatti il ghiaccio giunge nello stretto di Fram, tra la Groenlandia e le isole Svalbard, dove si rompe in primavera.
Se questo spostamento di ghiaccio e nutrimento dovesse interrompersi quest’anno, il plancton avrà meno cibo e quindi una crescita minore. Di conseguenza assorbirà meno anidride carbonica dall’atmosfera, aumentando il riscaldamento climatico.
Un’altra conseguenza dell’assenza di ghiaccio significherà anche una porzione maggiore di mare aperto e libero, che si tradurrà in un aumento nel numero e nella forza delle tempeste oceaniche.
Zachary Labe, ricercatore della Colorado State University, afferma che “la mancanza di congelamento di questo autunno non ha precedenti nella regione artica siberiana. Tuttavia, è in linea con l’impatto previsto del cambiamento climatico causato dall’uomo. il 2020 è un altro anno coerente con un Artico in rapida evoluzione. Senza una riduzione sistematica dei gas serra, la probabilità di una prima estate ‘senza ghiaccio’ continuerà ad aumentare fino alla metà del 21° secolo”.
Walt Meier, ricercatore senior del National Snow and Ice Data Center, sottolinea come lo spessore medio attuale del ghiaccio dell’Artico sia già la metà di quello degli anni Ottanta ed è probabile che continuino ad assottigliarsi fino a che i ghiacciai non spariranno del tutto. Secondo Meier, “i dati e i modelli suggeriscono che ciò si verificherà tra il 2030 e il 2050. È una questione di ‘quando’, non di ‘se’ avverrà”.
Foto di Florence D. da Pixabay
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