La resistenza agli antibiotici è una sfida sempre più difficile nel trattamento delle malattie infettive. I batteri diventano resistenti agli antibiotici, acquisendo o mutando geni che gli consentono di sopravvivere alla loro somministrazione, che altrimenti li ucciderebbe. Tuttavia, questo può comportare un pericolo anche per i batteri nel momento in cui i farmaci smettono di essere somministrati: la resistenza generalmente influenza i geni essenziali per la cellula e quindi, una volta tornati “disintossicati” dal farmaco, senza antibiotici, i batteri diventano inidonei a competere per la propria sopravvivenza.
Fino ad ora, la nostra conoscenza di questo processo proviene da studi condotti su sistemi artificiali, che forniscono una prospettiva incompleta sulla reale complessità di questo fenomeno. Per colmare questa lacuna, un team di ricercatori guidato da Isabel Gordo, ricercatore principale dell’Istituto Gulbenkian de Ciencia, in Portogallo, ha usato i topi come organismo modello e ha notato che nell’intestino, dopo la somministrazione di antibiotici, la competizione per la sopravvivenza mostra dinamiche molto interessanti. La stessa resistenza ha interazioni diverse, che determinano la più o meno alta capacità di un batterio di sopravvivere in assenza di antibiotici.
Utilizzando i batteri Escherichia coli, i ricercatori hanno scoperto che le differenze nella resistenza ad un batterio sono dovute alle differenze nella flora intestinale (microbiota) di ciascun ospite. “Abbiamo osservato che i topi senza microbiota non mostrano differenze nelle dinamiche di sopravvivenza dei batteri resistenti, che subiscono sempre danni e non sono in grado di sopravvivere“, spiega Isabel Gordo. Al contrario, i topi con diversa flora intestinale hanno riportato una “grande variabilità nella dinamica di sopravvivenza dei batteri, che sono specifici di ciascun ospite, stabilendo così una relazione causale tra il singolo microbiota e la sopravvivenza dei batteri resistenti agli antibiotici“, afferma Gordo.
Per comprendere meglio questi risultati, i ricercatori hanno utilizzato un modello matematico che simula come le singole proprietà del microbiota possano spiegare i diversi “costi” della resistenza agli antibiotici in ciascun individuo. Oltre a spiegare l’effetto precedentemente osservato nell’intestino del topo, il modello prevede che “nel tempo, poichè il microbiota si stabilizza dopo la somministrazione di antibiotici, la resistenza dovrebbe scomparire in tutti gli ospiti, a meno che i batteri non compensino gli effetti negativi causati dall’aumento della resistenza. Anche l’acquisizione di meccanismi di compensazione dipende dalla composizione del microbiota di ciascun individuo“, chiarisce Massimo Amicone, coautore dello studio.
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