Negli ultimi mesi il termine Brain Rot è diventato virale sui social, soprattutto tra le nuove generazioni. Tradotto come “marciume cerebrale”, viene usato per descrivere la sensazione di declino mentale dopo ore passate a scrollare contenuti su TikTok, Instagram o YouTube. Ma cosa c’è di vero? Davvero i social “ci stanno marcendo il cervello”?
A fare chiarezza è intervenuta la scienza. Secondo un’indagine approfondita di National Geographic, Brain Rot non è un fenomeno neurologico reale. Il cervello non si decompone mentre siamo vivi, e nessuna app può causare un deterioramento fisico delle cellule cerebrali in soggetti sani. Ma ciò non significa che l’uso eccessivo dei social non abbia conseguenze.
Effetti reali: attenzione, memoria e sovraccarico mentale
Scrollare compulsivamente contenuti brevi e ripetitivi può avere un impatto importante sul nostro benessere mentale. Lo confermano diversi studi: si riduce la capacità di concentrazione, si frammenta la memoria a breve termine e si amplifica la sensazione di “mente satura”.
Chi soffre di scroll fatigue può sperimentare sintomi come:
- Mal di testa e affaticamento visivo
- Difficoltà a restare concentrati su compiti prolungati
- Insonnia e sogni agitati dovuti a iperstimolazione
- Sensazione di disconnessione dalla realtà o di ansia latente
Non si tratta quindi di un vero “marciume”, ma di un sovraccarico cognitivo che può incidere sul nostro equilibrio, soprattutto nei più giovani e nei soggetti già vulnerabili.
Social media e cervello: una questione di dosi
Come spiega Andy McKenzie, neuroscienziato dell’organizzazione Apex Neuroscience, il cervello umano è progettato per adattarsi. Ma ciò che facciamo ripetutamente ne modella le abitudini e le connessioni. L’uso eccessivo dei social riduce lo spazio per la noia creativa, per il pensiero lento e per la riflessione profonda.
Quindi, anche se non si verifica un deterioramento fisico, si può parlare di una “rottura dell’equilibrio cognitivo”. Un processo reversibile, ma che richiede consapevolezza e nuove abitudini: lettura, tempo offline, natura, relazioni autentiche.
Brain Rot: mito pop o campanello d’allarme?
In definitiva, Brain Rot è un’etichetta pop, un modo ironico con cui le nuove generazioni esprimono il disagio di vivere costantemente iperconnessi. Non è un termine medico, ma riflette una preoccupazione reale: quella di perdere lucidità, attenzione e profondità in un mondo fatto di contenuti rapidi e dimenticabili.
La sfida è educare all’equilibrio, non demonizzare la tecnologia. I social sono strumenti: sta a noi decidere se usarli per nutrire o per consumare la mente.
Foto di Mohamed Hassan da Pixabay