Come sappiamo, il cuore profondo della Via Lattea è occupato da un buco nero supermassiccio con una massa pari a 4 miliardi di volte quella del Sole. Il nome di questo enorme buco nero è Sagittarius A* (Sgr A*) e nell’ultimo decennio i ricercatori hanno spesso volto il loro attento sguardo verso di lui. In passato furono identificati due oggetti in orbita attorno di lui, a cui fu dato il nome di G1 e G2.
Molte sono state le ipotesi formulate dagli astronomi sulla natura di questi corpi celesti, ma non vi sono ancora certezze. Tra le ipotesi formulate vi è quella delle nuvole di gas, mentre altri credono si tratti di stelle avvolte in una nube di polvere cosmica.
Ad aggiungere quesiti sulla questione dei corpi G, vi è un nuovo studio, recentemente pubblicato su Nature. I redattori dello studio affermano infatti di aver individuato altri quattro oggetti simili ai corpi G. Questa nuova scoperta induce gli astronomi a pensare che si tratti di una nuova tipologia di fenomeni cosmici che ci è ancora sconosciuta. Andrea Ghez dell’UCLA, coautore dello studio, ha dichiarato che questi corpi si comportano come stelle ma sembrano essere costituiti da gas.
Queste affermazioni derivano dalle approfondite indagini svolte dal team di ricercatori sui corpi G. Per ottenere i dati sono stati utilizzati ben 13 anni di osservazioni nel vicino infrarosso di OSIRIS, lo strumento per la cattura di immagini istallato sul WM Keck Observatory delle Hawaii. Inoltre per le ricerche si sono basati sugli studi approfonditi, svolti in passato su G1 e G2.
Sappiamo infatti, dagli studi precedenti, che G2 sopravvisse alle tremende fauci del gigantesco buco nero. Nel 2014 gli astronomi pensarono infatti che G2, che si avvicinava pericolosamente a Agr A*, sarebbe stato inghiottito dal buco nero in quanto costituito di gas, ma ciò non avvenne, lasciando i ricercatori con nuovi interrogativi sulla natura di questo misterioso oggetto. Ghez ipotizzò infatti all’epoca che non poteva trattarsi di un corpo costituito da gas, altrimenti Sgr A* lo avrebbe inghiottito senza pietà e senza remore. Secondo la sua ipotesi, poteva dunque trattarsi del risultato dell’unione di un sistema binario di stelle.
Un’altra ipotesi formulata all’epoca vedeva G2 come costituito di gas, ma non come una nube di gas a se stante, bensì come facente parte di un più ampio flusso di gas che comprendeva anche G1. I modelli computerizzati dell’epoca sembravano adattarsi bene a questa teoria, ma furono realizzati con solo due corpi G, Ora la scoperta di altri corpi simili potrebbe fornire nuove informazioni che potrebbero far luce sulla natura di questi misteriosi oggetti che orbitano attorno al buco nero della Via Lattea.
Anna Ciurlo, anche lei astronoma dell’UCLA e autrice principale dello studio, ritieni infatti che la scoperta di questi nuovi oggetti possa destabilizzare la teoria del flusso di gas. Ciurlo ha infatti dichiarato che “l’ipotesi del flusso di gas abbia funzionato bene quando avevamo solo G1 e G2, ma con 6 oggetti, in orbita a inclinazioni molto diverse, questa ipotesi è più difficile da applicare”.
Nelle ricerche svolte da lei e dal suo team si da infatti maggior credito all’ipotesi della fusione del sistema binario. Le stelle osservate dagli astronomi attorno al buco nero, pur essendo in qualche modo atipiche, non hanno caratteristiche simili ai corpi G. Inoltre le condizioni dell’universo nella zona attorno ad un buco nero supermassiccio sono davvero estreme, non sarebbe quindi così strano trovarvi delle enormi stelle formate dall’unione di due stelle.
Ma Stefan Gillessen, del Max Planck Institute, ritiene che sia piuttosto improbabile che si siano verificate tutte queste unioni di binarie in corrispondenza di Sgr A*, portandolo a ipotizzare che le fonti G possano in realtà essere fenomeni diversi tra loro, come ad esempio giovani stelle in formazioni o nodi di vento stellare.
Di certo gli studi approfonditi che seguiranno la scoperta di queste nuove fonti G, riusciranno ad aggiungere nuove informazioni. Ma, come spiega Ciurlo, per risolvere il mistero di questi particolari oggetti “dobbiamo cercare più oggetti in questa regione. Ma dobbiamo anche cercare oggetti simili altrove, per capire se questo processo è unico o meno per l’ambiente del buco nero”.
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