Secondo una nuova ricerca il cambiamento climatico potrebbe portarci di nuovo a vivere situazioni come quella degli ultimi due anni. I ricercatori affermano infatti che, nei prossimi 50 anni, almeno 15.000 virus compieranno il salto tra specie e la crisi climatica che aiuterà ad alimentare una diffusione “potenzialmente devastante” di malattie mettendo in pericolo animali ed esseri umani e aumentando il rischio di ulteriori pandemie.
Il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature sul nostro Pianeta, spingeranno infatti molte specie animali a spostarsi in nuove aree, portando con loro parassiti e agenti patogeni prima non presenti in quelle zone, diffondendoli tra le specie autoctone che non vi erano mai entrate in contatto.
Sono proprio questo tipo di situazioni che fanno si che possa aumentare quello che viene conosciuto come “riflusso zoonotico”, ovvero il passaggio di virus dagli animali agli esseri umani. Aumentando il rischio di riflusso zoonotico potrebbe dunque aumentare anche il rischio di ritrovarci dentro una nuova pandemia della portata di quella innescata dal SARS-CoV-2.
Come afferma dunque uno dei coautori dell’articolo, Gregory Albery, esperto di ecologia delle malattie presso la Georgetown University, “questo lavoro fornisce prove più incontrovertibili che i prossimi decenni non solo saranno più caldi, ma anche più malati. Abbiamo dimostrato un meccanismo nuovo e potenzialmente devastante per l’emergere di malattie che potrebbe minacciare la salute degli animali in futuro e probabilmente avrà conseguenze anche per noi”.
Dallo studio di Albery e dei suo colleghi emerge infatti un quadro preoccupante e ci mostra che il cambiamento climatico sta “scuotendo gli ecosistemi fino al midollo” portando a nuove e diverse interazioni tra specie diverse che probabilmente hanno già innescato la diffusione di virus. Inoltre dall’analisi di questo nuovo studio, emerge che una concreta e drastica azione per combattere il riscaldamento globale, potrebbe già essere insufficiente per evitare il rischio di eventi di spillover.
Secondo i ricercatori dunque, potrebbe già essere troppo tardi e dovremmo già passare alla fase successiva per prevenire situazioni come quella innescata dalla Covid-19. I ricercatori ritengono infatti che sia il momento di rafforzare il sistema sanitario globale ed elaborare piani efficienti per la gestione delle pandemie. Non potremo forse evitare che si verifichino nuove diffusioni di virus, dobbiamo quindi prepararci ad affrontarle e non farci trovare impreparati come è accaduto alla fine del 2019.
Secondo lo studio infatti, sono attualmente già in circolazione, tra gli animali selvatici, circa 10.000 tipi di virus in grado di infettare l’uomo. Fino a qualche tempo fa, infezioni del genere erano eventi rari, ma l’agricoltura, e la conseguente distruzione di habitat, unita all’espansione urbana, aumentano i contatti tra l’uomo e gli animali selvatici, aumentando anche le probabilità di venire in contatto con i virus animali.
Inoltre il cambiamento climatico è come benzina sul fuco. Spingendo gli animali a spostarsi infatti, promuove la circolazione dei virus tra specie diverse. Secondo la ricerca circa 3.139 specie di mammiferi andranno incontro ad uno spostamento dell’area geografica a causa dei cambiamenti climatici e dello sfruttamento del suolo fino al 2070. Questo potrebbe voler dire che anche con un aumento minimo del riscaldamento globale, potrebbero verificarsi almeno 15.000 eventi di trasmissione tra specie diverse di uno o più virus.
I ricercatori avvertono inoltre che questo aumento del rischio di pandemie non è un avvertimento per il futuro. Come affermano infatti gli autori, “sorprendentemente, scopriamo che questa transizione ecologica potrebbe essere già in corso e mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2°C entro un secolo non ridurrà la futura condivisione virale”.
Foto di Alexandra_Koch da Pixabay
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