Una delle malattie più diffuse al mondo e di cui ancora non è stata trovata una soluzione completamente efficace è il cancro, una malattia genetica dovuta a mutazioni sporadiche dei geni che, invece di avere un esito positivo, portano a dei problemi, fino al tumore. Le mutazioni sono dovute a errori casuali durante la replicazione del DNA ma anche all’esposizione a fattori di rischio modificabili o non, come gli stili di vita poco salutari.
Da anni e anni tantissimi medici e scienziati cercano una effettiva terapia al cancro, sperimentando soluzioni diverse, ma finora nessuna è completamente efficace. Ma recentemente, gli scienziati statunitensi sono riusciti a modificare geneticamente il sistema immunitario di tre malati di cancro usando CRISPR, senza creare effetti collaterali, un primo passo per lo strumento che sta rivoluzionando la ricerca biomedica.
I risultati attesi dalla prima fase di una sperimentazione clinica sono stati pubblicati sulla rivista Science giovedì scorso. Rappresentano un trampolino di lancio che non dimostra ancora che CRISPR può essere usato per combattere il cancro. In effetti, uno dei pazienti è morto da allora e la malattia è peggiorata negli altri due, ma lo studio dimostra che la tecnica non è tossica.
I ricercatori dell’Università della Pennsylvania (UPenn) hanno rimosso le cellule T dal sangue dei pazienti e hanno utilizzato CRISPR per eliminare i geni dalle cellule che potrebbero interferire con la capacità del sistema immunitario di combattere il cancro. Hanno quindi usato un virus per armare le cellule T per attaccare una proteina tipicamente trovata sulle cellule tumorali chiamata NY-ESO-1, e hanno infuso nuovamente le cellule nei pazienti.
Edward Stadtmauer, il principale investigatore dello studio, ha detto che la terapia con cellule T, in cui il sistema immunitario di una persona viene sfruttato per distruggere i tumori, è stata un importante passo avanti negli ultimi dieci anni, ma “sfortunatamente, anche con quella tecnologia ci sono molti pazienti che non rispondono”. Questa volta potrebbero non esserci stati grandi risultati clinici, ma “per me l’importazione di questo studio non sono i risultati clinici ma il fatto che siamo stati in grado di eseguire in modo fattibile questa procedura molto complessa”, ha aggiunto Stadtmauer.
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