Hai mai pensato che il tuo capo potrebbe presto essere un algoritmo, se non lo è già? Gli algoritmi stanno acquisendo sempre più funzioni di gestione. Da tempo conviviamo con l’idea che, un giorno, i lavoratori saranno sostituiti dai robot, ma non è solo la forza lavoro che si muove verso l’automazione: anche i capi!
Viviamo in un’epoca in cui gli algoritmi stanno guadagnando forza, in particolare assumendo funzioni come lo smistamento delle domande di lavoro, la delega del lavoro, la valutazione delle prestazioni dei lavoratori e, in definitiva, nella decisione di licenziare o assumere.
Si ritiene che man mano che i sistemi di sorveglianza e monitoraggio diventeranno sempre più sofisticati, la capacità dei manager di essere algoritmici aumenterà, in particolare nelle aree in cui la tecnologia utilizzata può tracciare i movimenti dei lavoratori.
Dal punto di vista del datore di lavoro, ci sono diversi vantaggi nel trasferire le attività dagli umani agli algoritmi poiché, in questo modo, si riducono i costi aziendali, si automatizzano le attività che richiedono più tempo per essere completate dal comune mortale. I sistemi di intelligenza artificiale, inoltre, possono anche scoprire modi per ottimizzare le organizzazioni aziendali.
Per alcuni giornalisti, ricercatori e politici esiste il rischio di pregiudizio algoritmico, ovvero quando l’algoritmo valuta, ad esempio, un curriculum, può avvantaggiarlo in alcuni aspetti a scapito di altri. Viene a galla il problema della trasparenza, poiché i classici algoritmi sono programmati per prendere decisioni sulla base di istruzioni passo-passo e danno solo risultati programmati.
Gli algoritmi di apprendimento automatico, d’altra parte, imparano a prendere decisioni in modo autonomo dopo aver analizzato molti dati di addestramento, il che li rende più complessi man mano che si sviluppano. Quando si parla di licenziamenti, sorgono altri interrogativi, dal momento che non è possibile stabilire se la decisione dell’algoritmo di licenziare il dipendente sia stata faziosa, corrotta o arbitraria.
Se ci trovassimo di fronte a uno qualsiasi dei casi, come farebbe un dipendente a dimostrare che il suo licenziamento è stato il risultato di motivi illegali?
Il filosofo Jean-Jacques Rousseau ha affermato che gli esseri umani hanno un “naturale senso di pietà” e “un’innata ripugnanza a vedere soffrire i propri simili”. Sebbene siamo consapevoli del fatto che non tutti i capi umani sono compassionevoli, siamo anche consapevoli che esiste una probabilità dello 0% che i capi algoritmici lo siano!
Durante il case study realizzato da Tiago Vieira e Robert Donoghue, ricercatori di Scienze Sociali e Politiche presso l’Università di Bath, è stato osservato il livello di irritazione mostrato dai lavoratori di Amazon di fronte all’incapacità dell’algoritmo di accettare i loro appelli.
Un’altra conclusione dello studio è che gli algoritmi progettati per massimizzare l’efficienza sono indifferenti alle emergenze dell’assistenza all’infanzia. Inoltre non hanno alcuna tolleranza per quei lavoratori che si muovono lentamente, quando sono in procinto di apprendere il lavoro che dovranno svolgere.
Gli stessi algoritmi non negoziano per trovare una soluzione che aiuti un lavoratore disabile o alle prese con qualche forma di malattia. Detto questo, i lavoratori che hanno un algoritmo come capo affrontano alcuni rischi, motivo per cui è materiale di studio per ricercatori e creatori di software che cercano di promuovere buone condizioni di lavoro.
Alcune potenziali soluzioni a questo problema sono avere valutazioni regolari di come gli algoritmi influiscono sui lavoratori e fornire loro una spiegazione di come viene utilizzata questa tecnologia.
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