Nella zona interdetta dopo il disastro della centrale nucleare di Chernobyl, gli animali, spinti anche dall’assenza dell’uomo, sono tornati ad abitarvi e a proliferarvi indisturbati. Alcuni animali selvatici infatti sono riusciti a automodificare il proprio patrimonio genetico per tornare ad abitare in questi luoghi contaminati ed ancora troppo pericolosi per l’uomo a causa degli alti livelli di radioattività.
Ma non sono assolutamente gli stessi animali che vi abitavano prima del disastro nucleare del 1986. Le rane sono più scure, gli uccelli sono albini e gli insetti sono meno longevi, queste sono alcune delle specie che hanno modificato loro stessi per tornare a vivere nella zona di alienazione.
Questa zona sarebbe dovuta rimanere interdetta a qualsiasi forma vivente per secoli, ma è difficile spiegare agli animali che c’è un divieto e perché la zona è pericolosa. Così in questi ultimi 33 anni si è ripopolata ed alcuni animali selvatici hanno ripreso possesso del loro habitat naturale, e questo perché sono stati in grado di modificare il proprio DNA, così da sopportare le radiazioni nucleari.
A giungere a questa conclusione è un gruppo di ricercatori provenienti da diversi paesi europei che hanno studiato a lungo gli animali del luogo, dai grandi mammiferi agli uccelli, dagli anfibi ai pesci, senza escludere nemmeno gli insetti, i vermi ed i batteri.
Dallo studio di questo team di 30 ricercatori europei è emerso che nella zona interdetta attorno al reattore 4 della ex-centrale nucleare di Chernobyl, nonostante i livelli di radioattività siano ancora molto alti, le specie animali che lo hanno ripopolato sono presenti in popolazioni stabili e vitali. Questo significa che gli animali si sono adattati a questi livelli di radioattività che rimangono pericolosi per l’essere umano.
Gli studi sono stati condotti nell’ambito del progetto Transfer Exposure Effects (TREE) del Centro per l’Ecologia e l’Idrologia dell’Università del Regno Unito. Il progetto prevedeva infatti lo studio delle popolazioni mediante l’utilizzo di telecamere, installate all’interno dell’area interdetta e che hanno ripreso le attività degli animali di Chernobyl. Le immagini mostrano una fauna abbondante ed attiva, tra cui vi sono volpi, orsi, linci, lupi, bisonti e cavalli; come anche pesci e più di 200 specie di uccelli; assieme naturalmente a cani e gatti.
Per i ricercatori questo ritorno alla vita sarebbe stato possibile grazie ad alterazioni genetiche che gli animali hanno messo in atto per resistere alle radiazioni, le rane potrebbero infatti essere più scure proprio per difendersi da esse. Gli insetti invece si sono mostrati meno longevi e più inclini ad essere attaccati da parassiti ed anche gli uccelli mostrano una serie di alterazioni fisiologiche e genetiche nelle zone più contaminate, ad esempio vi un aumento dei livelli di albinismo.
Ma quali sono le cause che hanno permesso agli animali di tornare a vivere a Chernobyl e di modificare il loro DNA per rimanerci? Gli scienziati non hanno ancora una risposta certa, ma hanno avanzato alcune ipotesi. La fauna di Chernobyl potrebbe infatti essere sempre stata più resistente alle radiazioni nucleari rispetto agli stessi animali in altre parti del mondo. Oppure si sono semplicemente adattati alle estreme condizioni di radioattività della zona di esclusione.
A favorire la presenza degli animali, sopratutto dei grandi mammiferi, potrebbe anche essere stata l’assenza degli esseri umani da oltre 30 anni. Inoltre l’assenza dell’attività umana fa si che ci sia una qualità dell’ambiente migliore, radiazioni a parte, grazie all’assenza di inquinanti umani come pesticidi e gas di scarico.
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