Trentacinque anni dopo il disastro nucleare di Chernobyl, il peggior incidente nucleare della storia, la centrale ucraina ormai abbandonata, torna a far preoccupare i ricercatori. Sembra infatti che nella centrale sia ripresa un’attività di fissione nucleare tra i resti di materiale nucleare rimasti sepolti sotto la centrale.
Era il 26 aprile del 1986 quando il reattore n° 4 della centrale di Chernobyl, in Ucraina, esplose provocando una delle più grandi catastrofi dell’era moderna. Da allora tutta la zona circostante, colpita dalle radiazioni nucleari, e coperta dalle polveri radioattive arrivate con gli agenti atmosferici. È un luogo abbandonato e dimenticato. Ed è proprio in uno di questi luoghi dimenticati dell’Ucraina, al confine con la Bielorussia.
Da allora il sito è costantemente monitorato e studiato dall’ISPNPP di Kiev, l’Istituto per i problemi di sicurezza delle centrali nucleari. Recentemente, proprio i ricercatori dell’ISPNPP, hanno rilevato che il combustibile residuo di fissione nucleare a base di uranio, rimasto sepolto nella centrale, ha ricominciato a reagire in una stanza inaccessibile in profondità, all’interno di un’area danneggiata della centrale.
I ricercatori hanno rilevato la ripresa delle attività di fissione nucleare, registrando un aumento nell’attività dei neutroni, un sottoprodotto misurabile della fissione nucleare. Le variazioni nell’attività dei neutroni sono state registrate da alcuni delle centinaia di sensori del Chernobyl New Safe Confinement (NSC), l’enorme struttura che protegge e monitora 24 ore su 24 la centrale e la sua qualità dell’aria. I sensori hanno rilevato la ripresa dell’attività nucleare nei pressi della sala del reattore esploso, il numero 4, dove si trovano le “braci” residue del combustibile nucleare della centrale.
La situazione non è affatto semplice, poiché alcune zone all’interno dell’NSC sono completamente sigillate nella loro struttura simile a un sarcofago chiamata Shelter, tra cui anche la sala del reattore dove è stato rilevato l’aumento dei neutroni.
Come ha spiegato Richard Stone nel suo articolo su Science Magazine: “quando il nucleo [del] reattore si è sciolto, le barre di combustibile di uranio, il loro rivestimento di zirconio, le barre di controllo in grafite e la sabbia si sono riversate sul nucleo per cercare di spegnere il fuoco si sono fuse insieme in una lava. È fluito nelle stanze del seminterrato della sala del reattore e si è indurito in formazioni chiamate materiali contenenti carburante (FCM), che sono carichi di circa 170 tonnellate di uranio irradiato, il 95 [percento] del combustibile originale”.
I ricercatori non temono che possa verificarsi nuovamente un esplosione disastrosa come quella di 35 anni fa. Il combustibile nucleare è infatti troppo poco perché un evento del genere si verifichi nuovamente. Ciò per cui temono è invece la stabilità dello Shelter. Il guscio protettivo, che ormai ha 34 anni, potrebbe infatti non reggere una ripresa dell’attività nucleare e rischierebbe di crollare se questa dovesse superare una certa soglia.
Secondo gli scienziati, come è avvenuto in passato, la colpa della ripresa delle attività potrebbe essere attribuita all’acqua piovana. Per questo erano stati istallati degli irrigatori chimici in grado di bloccare l’attività dei neutroni. Ma i seminterrati e molte delle zone interne sigillate nello Shelter, sono troppo irraggiungibili, anche per gli irrigatori chimici.
Per questo ora con L’NSC si è provveduto ad eliminare completamente qualsiasi infiltrazione di acqua, e, come affermano i ricercatori dell’ISPNPP la crescita dell’attività dei neutroni è abbastanza bassa da avere ancora qualche anno. Questo periodo dovrebbe essere sufficiente affinché si prosciughi l’acqua già penetrata, e dato che nuova acqua non è più in grado di entrare, le reazioni potrebbero esaurirsi. Ora che l’NSC tiene fuori la pioggia, quando sarà esaurita quella già all’interno, non si dovrebbero poter alimentare nuove reazioni quindi.
Ma i ricercatori non escludono nemmeno la possibilità che le reazioni non si fermino e stanno preparando un piano d’azione per l’eventualità che si presenti questi scenario. Una delle ipotesi è quella di realizzare un robot drone, dato che l’area è assolutamente off-limits per qualsiasi essere vivente, che possa riversare sostanze chimiche che neutralizzano i neutroni direttamente nelle sale dove sono i residui di combustibile nucleare.
Al momento i ricercatori non sono certi su quale sarà la strada da intraprendere per bloccare la ripresa dell’attività nucleare nelle profondità del reattore 4, per questo monitorare ciò che avviene all’interno del complesso di Chernobyl è un lavoro a tempo pieno.
Ph. Credit: Mond – Opera propria, CC BY-SA 3.0
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