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Cibo spazzatura ed allergie alimentari potrebbero avere un collegamento tra loro

Secondo quanto riferito da alcuni ricercatori il consumo di “junk food” meglio conosciuto nel nostro paese come “cibo spazzatura” potrebbe essere uno dei fattori che alimenterebbero lo svilupparsi di allergie alimentari.

Gli esperti hanno dichiarato infatti che l’espansione rapida del fenomeno in diversi paesi occidentali, tra cui il Regno Unito. La causa vera è difficilmente accertabile ma i dati pubblicati da NHS Digital mostrerebbero diversi casi di di shock anafilattico in Inghilterra a causa di reazioni avverse a questa tipologia di cibo. Si è passati infatti da 1.362 casi nel 2011-12 fino a giungere ai 1.922 del 2016-17.

La causa andrebbe individuata in alcune sostanze conosciute come AGE (Advanced Glycation End Products) dei composti formati dalla reazione di proteine e grassi con alcuni zuccheri.

Gli AGE sono presenti in maniera naturale all’interno del nostro corpo. Possiamo trovarli a livelli più elevati all’interno di alimenti altamente trasformati, così come in altri prodotti come le carni cotte. Quest’ultimi si formano quando gli zuccheri reagiscono con proteine ​​o lipidi. La presenza di alti livelli di AGE nel proprio corpo può derivare dal consumo di alimenti ricchi di queste sostanze. Inoltre, potrebbero essere direttamente collegati a problemi come il diabete o l’artrite.

Un nuovo studio condotto da alcuni ricercatori nel nostro paese ha dimostrato che i bambini con allergie alimentari presentano livelli più alti di AGE nei loro corpi rispetto ai bambini sani privi di allergie. I bambini con allergie respiratorie non hanno mostrato tali differenze. Il team ha anche scoperto che i bambini con livelli più alti di AGE consumavano più cibo contenente tali sostanze.

“Stanno consumando un sacco di snack, un sacco di hamburger, un sacco di patatine fritte, un sacco di cibi commerciali pieni di AGE”, ha riferito Roberto Berni Canani dell’Università di Napoli, che ha guidato la ricerca presentata all’incontro annuale della Società Europea di Gastroenterologia Pediatrica, Epatologia e Nutrizione nel corso di un evento tenutosi a Glasgow.

Tutto ciò che i bambini hanno mangiato è stato registrato attraverso dei diari alimentari compilati dai genitori per sette giorni. Canani ha riferito che i bambini con allergie alimentari consumavano in media circa il 20-40% in più di cibo spazzatura a settimana rispetto ai bambini anallergici, presentando livelli superiori ai valori di quell’età.

Stando sempre allo studio pare che gli AGE interagissero direttamente con le cellule immunitarie, presentando un effetto dannoso sulla barriera intestinale.

 

La ricerca è stata effettuata su un numero ristretto di pazienti

Tuttavia, lo studio è molto limitato, avendo coinvolto solo 23 bambini con allergie alimentari, 16 con allergie respiratorie e 22 bambini sani. Non dimostrerebbe infatti che consumare dosi superiori di cibo spazzatura o avere livelli più alti di AGE provocherebbero allergie alimentari. Inoltre, come sottolineato da Canani, si pensa che siano molti altri i fattori coinvolti nell’aumento delle allergie alimentari.

John Warner, professore di pediatria all’Imperial College di Londra, non coinvolto nella ricerca, ha riferito che tale ricerca risulta troppo piccola per tenere conto di altri fattori che potrebbero essere alla base del legame osservato.

“Potrei suggerire una serie di spiegazioni più plausibili ai risultati”, ha riferito, sottolineando che i bambini che mangiano un sacco di cibo spazzatura difficilmente hanno accesso ad una dieta mediterranea ricca di frutta fresca, verdura e pesce che come dimostrato riduce il rischio di allergia.

“Non bisogna dimenticare inoltre che troviamo altre differenze nello stile di vita di coloro che si nutrono di cibi poco sani, inclusa una maggiore esposizione al fumo di tabacco ed altri inquinanti”, riferisce Warner.

Il dott. Andrew Clark, consulente in allergia pediatrica all’ospedale di Addenbrooke, ha riferito come siano necessarie ulteriori ricerche, confermando però che i cibi dannosi andrebbero lasciati fuori dalle nostre vite.

“Penso che questo sia un utile studio esplorativo che ha generato una teoria interessante”, ha riferito. “E’ necessario esaminarlo però su un gran numero di pazienti ed in diverse popolazioni”.

Raffaele Casola

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