Nella lotta al nuovo coronavirus, la partita più difficile si sta giocando inevitabilmente negli ospedali, dove i pazienti più gravi vengono collocati nei reparti di terapia intensiva per cercare di contrastare i sintomi più gravi dell’infezione. Molti paesi europei, come la Germania, stanno per ora riuscendo a dare una risposta piuttosto forte all’incremento delle ospedalizzazioni, ma paesi come l’Italia sono alle prese con un numero di pazienti gravi molto alto, che solo negli ultimi giorni sta facendo segnare un leggero calo.
È quindi necessario, nei contesti più in difficoltà, cercare a tutti i costi il modo di liberare posti in terapia intensiva il prima possibile così da poter rispondere celermente ai nuovi pazienti. Un’interessante intuizione in questo senso potrebbe essere arrivata dall’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale, in particolare dal direttore del Dipartimento di anestesia e rianimazione Amato De Monte. Quest’ultimo ha infatti avviato una sperimentazione presso l’ospedale di Udine che prevede il ricorso all’ozonoterapia; i risultati iniziali sono peraltro stati piuttosto incoraggianti, con solo un paziente intubato su 36 con polmonite e difficoltà respiratorie.
Piccola curiosità: il dottor De Monte è peraltro stato il medico che 2009 accompagnò Eluana Englaro, la donna che dopo un incidente versò in coma vegetativo per 17 anni, durante il percorso di sospensione graduale di alimentazione e idratazione. Il protocollo introdotto dal dottor De Monte potrebbe essere davvero una manna dal cielo e ha riscosso il plauso della comunità scientifica, al punto che l’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) ha avviato la sperimentazione su 200 pazienti.
Il trattamento a base di ozono ha già dato risultati positivi, dimostrando di essere in grado di rallentare l’infiammazione e di ridurre il danno polmonare derivante dall’infezione da coronavirus. Prelevando circa 200 millilitri di sangue dal paziente, si lascia interagire il sangue con l’ozono per qualche minuto per poi reiniettarlo nel paziente. “Dopo due o tre sedute, il paziente mostra un miglioramento straordinario, al punto da necessitare di sempre meno supporto d’ossigeno. Speriamo di riuscire a rendere il trattamento una prassi, così da poter agire subito e incrementare le possibilità dei pazienti”, ha dichiarato il dottor De Monte.
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