Già diversi studi hanno evidenziato come l’inquinamento atmosferico aumenti il rischio di contagio da coronavirus. Il motivo è che il virus stesso sembra legarsi alle particelle più grandi presenti nell’aria quindi più è inquinata, più ha disposizione appigli. Altri studi hanno invece visto come l’inquinamento in sé aumenta la gravità della malattia, il Covid-19, e la sua mortalità.
A dirlo, a questo giro, sono i ricercatori della Georgia State University hanno utilizzato i dati della U.S Environmental Protection Agency incrociandoli con quelli forniti dai vari enti che rilasciano le informazioni sui contagi quotidiani e sull’andamento della pandemia. Sono stati analizzati anche i dati sul vento e su come soffia andando quindi a influire il trasporto del virus.
Tra i risultati che lo studio ha portato, si è visto come la riduzione dell’inquinamento dovuto alla diminuzione delle attività negli Stati Uniti, nello specifico tra il 22 gennaio e il 15 agosto, ha portato una diminuzione dei numeri di contagi giornalieri, relativamente parlando, e della mortalità.
Le parole dei ricercatori: “I governi locali stanno soppesando i compromessi tra la riapertura dell’economia e la riduzione al minimo del pedaggio del Covid-19. Il nostro documento mostra che mantenendo basso l’attuale inquinamento atmosferico, è possibile aiutare a compensare il carico di malattia creato dalla riapertura. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno deregolamentato strutture responsabili di grandi quantità di emissioni. Durante la pandemia, queste strutture erano esentate dal comunicare i loro livelli di emissioni all’EPA, e altre ricerche hanno dimostrato che questo ha aumentato i livelli di inquinamento intorno a quelle strutture.”
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