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Coronavirus: ci sono ancora dubbi sull’immunità acquisita da chi è guarito

Uno dei punti su cui ci si basa per l’eventuale uscita dalla situazione in cui oltre metà del mondo si trova, è l’immunità dal coronavirus in questione e dalla malattia che può far scaturire, il Covid-19. Ci sono ancora dubbi se questa fantomatica immunità sia affidabile anche perché arrivano sempre più notizie su casi di ritorno.

Questi casi sono registrati soprattutto in Asia ovvero dove ci sono i primi paesi che stati colpiti dal SARS-CoV-2. Solo la Corea del Sud, di recente, ne ha segnalati diversi, un numero che sembra basso, ma che in realtà è un grosso campanello d’allarme. Tali casi indicano che il virus non è come quello del morbillo che una volta preso permette al nostro sistema immunitario di sviluppare una difesa a vita.

 

Coronavirus e immunità: i dubbi

Secondo alcuni studi, per questo virus basato sull’RNA, il nostro organismo ci impiega tre settimana a raccogliere gli anticorpi sufficienti a contrastarlo. A rendere il tutto ancora più problematico c’è il fatto che questa apparente immunità non è a vita, ma può durare solo qualche mese.

In merito ai casi di ritorno, altro punto comunque non esplorato a sufficienza, la teoria più accredita è che in qualche modo il virus sia rimasto nascosto all’interno dell’organismo. Questo ha permesso ai test di risultare negativi, il che indica che non c’è stato un vero ricontagio, ma che il virus non se n’era mai andato.

Ci sono tanti studi aperti e poche risposte. Uno di questi suggerisce infatti che lo sviluppo di anticorpi potrebbe rendere anche più aggressiva la malattia. È stato osservato in alcuni pazienti. In sostanza, ancora una volta, sembra che l’unica speranza per essere sicuri è quella di un vaccino, ma vuol dire altri mesi di attesa.

Giacomo Ampollini

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