In materia di sicurezza dell’aria in volo, un nuovo studio condotto per il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti conferma le tesi sostenute da una ricerca realizzata dall’Agenzia europea per la sicurezza aerea, avvalorando la crescente convinzione che i passeggeri delle compagnie aeree affrontino un rischio minimo di contrarre il Covid-19 durante il volo. Lo studio è stato condotto da un team che comprendeva membri di United Airlines, Boeing, University of Nebraska Medical Center, National Strategic Research Institute e alcune società di ricerca.
Lo studio dimostra che gli elevati tassi di ricambio dell’aria, il ricircolo tramite filtri HEPA e la ventilazione verso il basso presenti sui moderni jet hanno ridotto del 99,7% il rischio di trasmissione del virus tramite l’aria.
I ricercatori hanno esaminato l’impatto su un passeggero infetto, su altri che sedevano nella stessa fila e su quelli vicini nelle cabine dei Boeing 767 e 777. In entrambi i casi si tratta di aerei a fusoliera larga, normalmente utilizzati per i voli a lungo raggio, dove si prevede che il virus si diffonda più facilmente.
Per testare il rischio di esposizione per i passeggeri che sedevano vicino a una persona infetta, i ricercatori hanno rilasciato aerosol traccianti fluorescenti che rappresentano le goccioline rilasciate durante l’espirazione o la tosse, analizzando quindi l’impatto su più “zone di respirazione” in tutto il velivolo. Sono state condotte più di 11500 misurazioni, con rilasci effettuati da 46 posti diversi. La contaminazione rilevata nel velivolo è risultata molto inferiore a quella osservata in ambiente domestico.
Scott Kirby, CEO della compagnia United, sostiene che l’aereo è un ambiente notevolmente sicuro e che nessun altro luogo chiuso raggiunge un simile livello di sicurezza, invita le compagnie aeree ad imitare la strategia adottata dalla propria e incoraggia i passeggeri a lasciare completamente aperto il sistema di ventilazione per garantire in ogni momento il corretto ricambio d’aria.
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