In questi ultimi tempi molto si è parlato del nuovo virus, originario della Cina, che si è rapidamente diffuso nel paese asiatico e dove ha già mietuto numerose vittime, il coronavirus. Un virus responsabile di una forma di polmonite e che appartiene alla stessa famiglia di altri due pericolosi virus che in passato hanno destato non poche preoccupazioni, la SARS e la MERS.
Questo nuovo virus differisce infatti di poco dal SARS -CoV, responsabile dell’epidemia di SARS nel 2003, e dal MERS-CoV, responsabile di un’epidemia in evoluzione dal 2012 in Medio Oriente. I tre diversi agenti patogeni sono tutti betacoronavirus, e condividono infatti un’ampia percentuale del profilo genetico, ma fortunatamente il nuovo coronavirus sembra essere meno aggressivo.
Il nuovo virus si è diffuso alla fine di dicembre 2019, causando un’epidemia di polmonite virale di eziologia sconosciuta è emersa nella città di Wuhan nella provincia di Hubei, in Cina.
Da allora importantissima è stata la ricerca per studiare, conoscere e capire questo virus, per poter progettare e valutare test diagnostici, tracciare l’epidemia in corso e identificare potenziali opzioni di intervento. Sempre più laboratori in tutto il mondo stanno quindi rilasciando le sequenze del genoma del nuovo coronavirus. Da quando si è scoperto a dicembre infatti, il virus ha fatto la sua comparsa in molti altri paesi, alcuni dei quali sono riusciti ad isolarlo e sequenziarne il genoma.
I paesi che fino ad ora sono riusciti nell’intento sono Australia, Cina, Francia, Germania, Italia, Giappone, Tailandia, Taiwan e Stati Uniti, i quali hanno condiviso i dati BetaCoV sulla piattaforma internazionale di microbiologia GISAID.
La scoperta del nuovo coronavirus è stata annunciata dalle autorità sanitarie cinesi e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il 9 gennaio 2020. Al virus viene dato il nome di 2019-nCoV, e presentato come agente responsabile di queste polmoniti diffuse nella zona di Wuhan.
La prima sequenza completa del genoma viene fornita dalle autorità cinesi tra l’11 ed il 12 gennaio. Ottenuta dall’analisi dei campioni prelevati dai primi pazienti che hanno contratto questo virus e condivisa nelle banche dati internazionali GeneBank e GISAID.
La prima volta che invece il virus è stato isolato, allevato in coltura e sequenziato al di fuori della Cina è stato in Australia presso il Peter Doherty Institute for Infection and Immunity (Doherty Institute) dell’Università di Melbourne, a partire da un campione prelevato dal primo paziente risultato positivo al coronavirus nel paese.
Secondo il vicedirettore del Doherty Institute Mike Catton, il virus sviluppato nei laboratori dell’istituto potrebbe permettere la realizzazione di un test anticorpale in grado di rilevarne la presenza anche nei pazienti che ancora non presentano i sintomi dell’infezione. Un dato molto importante dato che, a differenza di SARS e MERS, sembra che questo nuovo virus sia in grado di trasmettersi durante il periodo di incubazione, quando non sono presenti sintomi.
Verso la fine di gennaio vengono confermati anche 3 casi di nuovo coronavirus in Francia. Il 24 gennaio, dopo la conferma dell’infezione, alcuni campioni prelevati dai 3 pazienti (uno a Bordeaux e due a Parigi), raggiungono il National Reference Center (CNR) presso l’Institut Pasteur. Come dichiara Sylvie Behillil, vice capo del CNR presso l’Istituto Pasteur “da questi campioni, abbiamo rilevato il nuovo coronavirus”, e subito viene avviato il sequenziamento del genoma virale. Tra il 29 ed il 30 gennaio, il sequenziamento del genoma è completato ed il 30 gennaio viene depositato sulla piattaforma di microbiologia condivisa, GISAD.
Questa piattaforma ha infatti come scopo la condivisione globale di tutti i dati importanti che possano essere di aiuto alla salute mondiale. In origine infatti GISAD fu creato per la condivisione di sequenze, ed il monitoraggio dell’evoluzione, dei virus influenzali, necessarie per lo sviluppo dei vaccini antinfluenzali. Ora sulla piattaforma è stata creata un’apposita scheda speciale per il coronavirus, affinché la comunità scientifica possa collaborare e muoversi più velocemente.
“Circa venti altre sequenze del genoma del nuovo coronavirus sono state stabilite in tutto il mondo e, confrontandole con le nostre, vediamo che sono tutte molto vicine, non c’è molta diversità nei virus. Questo significa che il coronavirus 2019-nCoV non ha dovuto mutare molto per adattarsi e diffondersi”, ha dichiarato Vincent Enouf dell’Institute Pasteur.
Anche allo Spallanzani di Roma è stato isolato il coronavirus e la notizia arriva direttamente dal ministro della salute Roberto Speranza, intervistato proprio in merito al ricovero dei due turisti cinesi nello stesso istituto, a seguito dell’infezione da coronavirus.
I ricercatori dello Spallanzani, hanno definito il risultato come “un passo fondamentale, che permetterà di perfezionare i metodi diagnostici esistenti e allestirne di nuovi”. Anche il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito ritiene che “l’isolamento del virus ci permetterà di migliorare la risposta all’emergenza coronavirus, di conoscere meglio i meccanismi dell’epidemia e di predisporre le misure più appropriate”.
Il direttore del laboratorio di virologia dello spallanzani, Maria Rosaria Capobianchi, sostiene infatti che “avere a disposizione il virus in un sistema di coltura ci permette di provare farmaci in vitro, di avere grandi quantità di virus per la messa a punto di un vaccino”.
I ricercatori dello Spallanzani hanno già messo a disposizione della comunità scientifica internazionale i loro risultati e la sequenza parziale del virus isolato, denominato 2019-nCoV/Italy-INMI1, è già stata depositata nel database GESID.
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