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Coronavirus: la mutazione che ha reso il SARS-CoV-2 più debole

Negli ultimi giorni si è parlato più spesso di mutazioni gravi di questo coronavirus, mutazioni che lo hanno reso più pericoloso. Per nostra fortuna, non ci sono state solo queste, ma anche altre che in realtà hanno avuto l’effetto opposto. Un recente studio ha individuato una mutazione nello specifico, la D614G, responsabile della nascita del ceppo più diffuso in tutto il mondo ormai.

Quest’ultima ha permesso al SARS-CoV-2 di essere più contagioso e di entrare più facilmente nel corpo umano grazie a una modifica alla proteina spike. Secondo i test in laboratorio, sarebbe in grado di replicarsi più volte di 10 volte rispetto alla variante senza la D614G. Allo stesso tempo però, lo ha indebolito. Secondo la ricerca, il risultato finale è che il virus potrebbe essere diventato più suscettibile ai futuri vaccini.

 

Coronavirus: la mutazione che lo ha indebolito

Le parole di Ralph Baric, professore di epidemiologia e autore dello studio:

“Il virus D614G supera e supera il ceppo ancestrale di circa 10 volte e si replica in modo estremamente efficiente nelle cellule epiteliali nasali primarie, che sono un sito potenzialmente importante per la trasmissione da persona a persona. SARS-CoV-2 è un patogeno umano completamente nuovo e la sua evoluzione nelle popolazioni umane è difficile da prevedere. Nuove varianti stanno emergendo continuamente, come la variante del cluster 5 di visone SARS-CoV-2 scoperta di recente in Danimarca che codifica anche per D614G. Per proteggere al massimo la salute pubblica, dobbiamo continuare a monitorare e comprendere le conseguenze di queste nuove mutazioni sulla gravità della malattia, la trasmissione, la gamma dell’ospite e la vulnerabilità all’immunità indotta dal vaccino”.

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Giacomo Ampollini

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