Questo coronavirus, comunemente conosciuto in questo modo ma che in realtà si chiama SARS-CoV-2, è mutato parecchie volte. È mutato prima di arrivare all’uomo ed è mutato dopo averci raggiunto e con molta probabilità continuerà a farlo. La prima sequenza del genoma del suddetto è arrivata all’inizio di gennaio e in seguito alle sequenze raccolte nei mesi successivi, fino a oggi appunto, possiamo scoprire com’è cambiato nel tempo.
Il numero approssimativo di sequenze effettuate è 100.000 e questo ha portato alla luce oltre 13.000 cambiamenti nella sequenza “originale”, quella che è stata chiamata Wuhan-1, dalla città considerata epicentro della Pandemia. Nonostante questi cambiamenti sembrano moltissimi, in realtà non sono abbastanza per aver prodotto un cambiamento notevole. Basti pensare che i virus influenzali mutano con molta più velocità e infatti ogni anno ne abbiamo uno diverso.
Una delle mutazioni più importanti che è stata identificata è quella che è stata chiamata D614G. Si tratta di un cambiamento avvenuto a livello dell’amminoacido nella proteina spike del virus, quella che gli permette di attaccarsi alle cellule ospiti. Non ha avuto un impatto sulla letalità del virus, ma gli ha permesso di diventare più infettivo.
Come detto, ci sono stati parecchie mutazioni, ma a conti fatti ben poche sembrano aver portato a un cambiamento importante del virus. Detto questo, ci sono stati anche cambiamenti che in realtà hanno reso il virus meno pericoloso in un certo senso. Un cambiamento nei geni Orf7b e Orf8 ha invece abbassato la virulenza di questo coronavirus.
L’importanza che c’è nel continuare ad andare cauti sul fatto che non siamo ancora usciti dall’emergenza riguarda proprio le mutazioni. Non sappiamo come il virus potrebbe cambiare e diventare ancora più pericoloso di quello che non è attualmente. I numeri in crescita nei principali paesi europei danno la possibilità al virus di mutare ulteriormente.
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