È uno degli enigmi della pandemia: la maggior parte delle persone infettate da Covid-19 non si sente mai male, mentre altre sviluppano sintomi gravi o addirittura finiscono in un’unità di terapia intensiva aggrappate alla vita. Alcune condizioni fisiche spiegano perché c’è questo dislivello.
Tuttavia i genisti stanno cercando di capire se nel nostro DNA può spiegarci il perché non tutti hanno la stessa gravità nei sintomi. Ora, un gruppo del Regno Unito che studia più di 2200 pazienti Covid-19 ha individuato varianti genetiche comuni che sono collegate ai casi più gravi della malattia, e questo indica i farmaci esistenti che potrebbero essere riproposti per aiutare.
Kenneth Baillie medico di terapia intensiva e genetista ha condotto il nuovo studio e spera che i risultati accelerino i trattamenti, anche se avverte che qualsiasi sperimentazione clinica ispirata dai risultati dovrebbe attendere l’accettazione dello studio in una rivista peer-reviewed. In un approccio standard alla ricerca di geni che influenzano una condizione, i genetisti scansionano il DNA di un gran numero di persone per milioni di sequenze di marcatori, alla ricerca di associazioni tra marcatori specifici e casi della malattia.
Il nuovo studio ha confermato il coinvolgimento della regione del cromosoma 3. E poiché il 74% dei pazienti era così malato da aver bisogno di una ventilazione invasiva, sono stati rilevati altri marcatori, in altre parti del genoma, legati a Covid-19 grave. Una scoperta è un gene chiamato IFNAR2 che codifica per un recettore cellulare per l’interferone, un potente messaggero molecolare che raduna le difese immunitarie quando un virus invade una cellula. Una variante di IFNAR2 trovata in un europeo su quattro ha aumentato il rischio di Covid-19 grave del 30%.
Un successo più sorprendente dallo studio britannico punta ai geni OAS , che codificano per proteine che attivano un enzima che scompone l’RNA virale. Un cambiamento in uno di quei geni potrebbe compromettere questa attivazione, consentendo al virus di prosperare. I dati del Regno Unito suggeriscono che esiste una variante comune e influente su Covid-19 come il fattore di rischio genetico dell’interferone.
La regione del cromosoma 3 si distingue ancora come l’attore genetico più potente; una singola copia della variante associata alla malattia più che raddoppia le probabilità di una persona infetta di sviluppare un Covid-19 grave. I biologi evoluzionisti hanno riferito che questa regione sospetta proveniva effettivamente dai Neanderthal, attraverso l’incrocio con la nostra specie decine di migliaia di anni fa. Ora si trova in circa il 16% degli europei e nel 50% degli asiatici del sud.
Lo studio genetico del Regno Unito non ha confermato che le varianti ABO influenzano le probabilità di malattia grave. Alcuni studi che esaminano direttamente il gruppo sanguigno, hanno riportato che il sangue di tipo O protegge dal Covid-19, mentre il sangue A rende una persona più vulnerabile. Può essere che il gruppo sanguigno influenzi se una persona viene infettata, ma non quanto si ammala.
Finora i genetisti hanno avuto poca fortuna nell’identificare varianti genetiche che spiegano perché Covid-19 ha colpito in modo particolarmente duro i neri negli Stati Uniti e nel Regno Unito. La variante del cromosoma 3 è assente nella maggior parte delle persone di origine africana. I ricercatori sospettano che i fattori socioeconomici e le condizioni preesistenti possano spiegare meglio i maggiori rischi.
Anche se vengono identificati più fattori di rischio genetici, il loro effetto complessivo sulle persone infette sarà modesto rispetto ad altri fattori Covid-19. Al momento la genetica non ci porterà a combattere il virus, ma può darci una grande mano nel riconoscere i suoi punti deboli.
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