Il coronavirus è un virus che muta e così anche la malattia che da esso ne consegue, il Covid-19, non colpisce tutti allo stesso modo. Nel corso di quasi questo anno di pandemia si è scoperto che ci sono persone resistenti alla patologia. Come succede spesso, ci sono persone i cui geni li rendono più o meno suscettibili ai virus e alle patologie.
Ormai ci sono diversi prove di persone che vivono con altre persone contagiate dal virus, ma a loro volta non vengono infettati. Anche dopo mesi, niente da fare e con anche test negativi a provarlo, giusto per evitare il dubbio di aver di fronte a semplici asintomatici. Questi casi sono importanti da studiare.
Le parole di Giuseppe Novelli, genetista del policlinico di Tor Vergata di Roma: “Quando c’è una pandemia i fattori in gioco sono il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ossia il contesto in cui si sviluppa l’infezione. Noi ci siamo concentrati sulla seconda, che è fondamentale. Se il virus è lo stesso allora è chiaro che la differenza la fa l’ospite. Questo accade sempre, con tutte le infezioni. Abbiamo scoperto che esiste un 10-12 per cento di casi che hanno una caratteristica genetica particolare, non riescono cioè a produrre interferone che è la prima molecola di difesa. Sulla base di questa esperienza ci siamo chiesti se ci sono differenze genetiche in quelli che noi chiamiamo i resistenti.”
Le differenze genetiche sono importanti e per questo all’Università di Tor Vergata partirà uno studio con tale intento. Si parla di una difesa chiamata immunità cellulo-mediata che ha un ruolo simile a quello degli anticorpi che si sviluppano in seguito a un contagio, ma che hanno un’efficienza maggiore.
Ph. credit: CTV News
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