Dal mare di Laptev in Siberia, continuano a non arrivare buone notizie. Come sappiamo infatti in questa zona la formazione del ghiaccio artico, fondamentale per il ciclo di nutrienti dall’Artico, è notevolmente in ritardo e quest’anno, creando gravi squilibri. Ma questa non è l’unica notizia negativa che ci giunge da questi luoghi.
Secondo una recente ricerca infatti sembrerebbe che i depositi di metano congelati nell’Oceano Artico, noti come i “giganti addormentati del ciclo del carbonio”, hanno iniziato a rilasciare parte del metano in essi conservato, su una vasta area del versante continentale al largo della costa della Siberia orientale.
Nel mare di Laptev sono infatti stati rilevate delle altissime concentrazioni di metano sino ad una profondità di 350 metri. Questo potrebbe significare che è in atto l’avvio di un nuovo ciclo climatico che porterà ad un accelerazione del riscaldamento globale senza precedenti. Il metano infatti è un gas serra molto peggiore dell’anidride carbonica ed il suo effetto riscaldante è di 80 volte più forte rispetto all’anidride carbonica.
Ciò che si sta verificando in Siberia è quello che lo United States Geological Survey aveva elencato come uno dei quattro scenari più gravi per il cambiamento climatico improvviso, ovvero la destabilizzazione degli idrati artici.
Attualmente il team internazionale a bordo della nave di ricerca russa R / V Akademik Keldysh, che sta monitorando la situazione del rilascio di metano dal ghiaccio artico, ha affermato che la maggior parte delle bolle di questo gas si stavano dissolvendo nell’acqua, ma i livelli di metano in superficie erano da quattro a otto volte superiori rispetto al normale e che questo si riversa nell’atmosfera.
I ricercatori ritengono dunque che nei depositi di metano congelati dell’artico, si sia innescato ormai un pericoloso meccanismo che rilascerà notevoli quantità di questo pericoloso gas serra. Ma la conferma arriverà solo dopo che il team a bordo della nave laboratorio, sarà rientrato e avrà iniziato ad analizzare l’infinita serie di dati raccolti nella loro ricerca pluriennale, e dopo che saranno stati pubblicati articoli e risultati.
Ma nel frattempo cresce comunque la preoccupazione, la scoperta della destabilizzazione del metano nel ghiaccio artico in Siberia, potrebbe indicare che quel famoso punto di non ritorno verso un aumento del riscaldamento globale, sia già stato oltrepassato.
Fino adesso si è molto dibattuto sulla vulnerabilità dei depositi di metano congelati nell’oceano artico. Con la temperatura artica che aumenta più del doppio della media globale, la preoccupazione circa il rilascio di metano dal ghiaccio artico, è stata una questione di notevole incertezza nei modelli computerizzati del clima.
Ma i 60 membri del team dell’Akademik Keldysh ritengono, in base alle loro osservazioni, che il rilascio di metano sia già in corso su un’ampia area a circa 600 km al largo delle coste siberiane. In sei punti di monitoraggio su un’area di 150 km di lunghezza e 10 km di larghezza, i ricercatori hanno infatti osservato nuvole di bolle rilasciate dai sedimenti.
Nel mare di Laptev, ad una profondità di circa 300 metri sono state rilevate concentrazioni di metano fino a 1.600 nanomoli per litro. Un valore 400 volte superiore a quanto ci si aspetterebbe se il mare e l’atmosfera fossero in equilibrio.
Secondo il capo delle ricerche a bordo della R / V Akademik Keldysh, Igor Semiletov, le emissioni di metano erano “significativamente più consistenti di quanto sia mai stato osservato. La scoperta del rilascio attivo di idrati è molto importante e fino ad ora sconosciuta fino ad ora. Questa è una nuova pagina. Potenzialmente ciò avrà gravi conseguenze sul clima, ma abbiamo bisogno di ulteriori studi prima di poterlo confermare.”
La causa più probabile dell’instabilità dei giganti addormentati del ciclo del carbonio è un’intrusione di calde correnti atlantiche nell’Artico orientale, dovuta ai cambiamenti climatici provocati dall’uomo.
Un’altra fonte di metano scoperta da Semiletov nell’Artico, dopo aver studiato quest’area per due decenni, è l’immensa piattaforma di ghiaccio dell’Artico, la più grande mai esistita.
Per il secondo anno consecutivo, il suo team ha trovato ha scovato voragini simili a crateri nelle zone più basse del Mare di Laptev e del Mar della Siberia orientale che emettono getti di bolle di metano, che poi raggiungono la superficie del mare in concentrazioni da decine a centinaia di volte più alte del normale. Ciò che sta accadendo ricorda molto i crateri e le doline segnalate nella tundra siberiana all’inizio di questo autunno.
Foto di Free-Photos da Pixabay
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