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Chi è David Baker e in cosa consiste la sua “proteina anti Covid-19”?

La Breakthrough Prize Foundation ha annunciato oggi di aver previsto premi per un valore di 21,75 milioni di dollari per una serie di risultati scientifici. Uno in particolare è stato assegnato per una sorta di “crossover” tra tecnologia e scienza: si tratta di un premio da 3 milioni di dollari consegnato a David Baker, il cui lavoro negli ultimi 20 anni ha contribuito a confermare l’idea che i computer possano aiutarci a comprendere e creare molecole complesse come le proteine; in particolare, l’ultima molecola di questo tipo potrebbe portare a nuovi trattamenti utili per combattere la malattia Covid-19.

Baker è a capo dell’Institute for Protein Design presso l’Università di Washington e per due decenni ha contribuito a esplorare e definire il campo della biologia molecolare assistita dal computer. Il suo laboratorio ha sviluppato il software Rosetta per modellare le interazioni tra proteine, nonchè la rete di calcolo distribuito FoldIT. Baker ha dichiarato: “Potremmo dover aspettare un milione di anni prima che la proteina di cui abbiamo bisogno si evolva, oppure potremmo progettarla noi stessi“. Il premio è conferito precisamente “per lo sviluppo di una tecnologia che ha permesso la progettazione di proteine ​​mai viste prima in natura, comprese nuove proteine ​​che hanno il potenziale per un intervento terapeutico nelle malattie”.

 

Baker è ben lungi dal definire la scoperta una cura miracolosa, ma ritiene che il lavoro sia stato prezioso

Tuttavia, l’ultimo lavoro di Baker potrebbe rivelarsi il più importante di sempre: una molecola realizzata su misura e appositamente per smorzare le “punte acuminate” del nuovo coronavirus. È l’equivalente molecolare di mettere un fodero su una spada, spiega Baker; l’unico problema è che la spada non viene fornita con il fodero, ma bisogna crearlo da noi; questo è un processo molto più complicato di quanto sembri, poichè ci sono tanti elementi nel modo in cui gli amminoacidi, gli atomi e i legami interagiscono tra loro. Fortunatamente questo è esattamente il problema che Baker e il suo team stanno cercando di risolvere.

Abbiamo sviluppato metodi di progettazione utili a creare da zero proteine ​​che sono complementari per forma e proprietà chimiche a siti target arbitrari“, ha detto Baker. “Li abbiamo semplicemente puntati contro la ‘spike’ del virus“. Le proteine ​​così create e testate dal team si legano infatti alla proteina spike: da qui il loro nome, “minibinder iperstabili”. Non si tratta certo di una cura miracolosa, ma potrebbe essere l’inizio di un approccio terapeutico che disabiliti il ​​metodo di diffusione del virus. “La proteina progettata sembra molto promettente“, ha aggiunto Baker. “Stiamo effettuando esperimenti preclinici per determinare se potrà diventare un farmaco efficace così com’è oppure se deve essere modificata“. Baker ha inoltre sottolineato che i giocatori di FoldIT hanno dato un contributo decisivo negli sforzi contro la malattia.

Nello Giuliano

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