Un importante ritrovamento effettuato dallUniversità di Catania, in collaborazione con l’Università australiana di Flinders e con il contributo della Casa di cura Santa Lucia di Siracusa, getta nuova luce sulla conoscenza di alcune malattie del passato. I ricercatori hanno infatti scoperto uno scheletro con un particolare e raro tumore. Per la prima volta hanno quindi descritto un osteoma osteoide del seno frontale. Un tipo di tumore benigno mai rilevato in reperti antichi e raro anche nell’era moderna.
Secondo Elena Varotto, bioarcheologa e antropologa forense dell’Università di Catania, “L’analisi paleopatologica delle collezioni bioarcheologiche siciliane darà un impulso fondamentale alla conoscenza delle malattie nel passato, spiegandone la loro evoluzione”. E, come spiega Francesco Maria Galassi, medico e paleopatologo della Flinders University, “Si tratta di una scoperta eccezionale che arricchisce il corpus di nozioni paleo-oncologiche. A differenza di quanto si sente spesso ripetere, il cancro è una malattia antichissima e non il prodotto esclusivo della modernità”. Come annuncia Galassi, questo è solo l’inizio di un progetto ben più ampio, denominato Sicily Paleopathology Project, che ha come obiettivo la ricostruzione della storia evolutiva delle malattie che hanno afflitto la Sicilia nel corso della sua storia. Nello studio non saranno utilizzate solo fonti osteologiche e mummie, ma anche fonti storiche e artistiche, dalla preistoria ai nostri giorni.
La scoperta è stata effettuata all’interno della campagna di scavi archeologici di Fiumefreddo, nel territorio catanese. La campagna fu avviata nel 2013 dagli archeologi Edoardo Tortorici dell’Università di Catania, e Maria Teresa Magro della Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Catania, Scopo degli scavi è l’indagine della necropoli monumentale di epoca romana del II-III sec d. C.
Sul sito sono state effettuate indagini sotto vari aspetti. Si tratta infatti di un’equipe multidisciplinare di cui, oltre agli archeologi e antropologi già citati, fanno parte anche l’anatomopatologo Lorenzo Memeo, dell’istituto Oncologico del Mediterraneo e Carmine Lubritto, fisico e responsabile del laboratorio di spettrometria di massa isotopica dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli. Il team è stato anche coadiuvato dall’equipe di Radiologia della Casa di cura Santa Lucia. Un team così vario ha permesso di studiare il sito dal punto di vista si archeologico, ma anche antropologico, paleopatologico, radiologico, chimico e medico.
Nel corso di queste ricerche ad ampio raggio il team ha fatto l’incredibile scoperta studiando uno scheletro proveniente dalla tomba identificata con il numero VII, appartenente ad un uomo di circa 35-40 anni.
Sui resti, i ricercatori hanno individuato il particolare tumore all’interno del seno frontale destro. I ricercatori hanno subito notato l’alterazione, resa ben visibile dal fatto che le ossa craniche dello scheletro fossero frammentate.
Dapprima, con un approccio di studio antropologico e paleopatologico, i ricercatori hanno individuato una zona irregolare assimilabile ad un infiammazione ossea, la sinusite. Successivamente le ossa sono state sottoposte a Tac e Raggi X, nonché ad esami istologici. Grazie a queste ulteriori indagini, i ricercatori hanno stabilito che lo scheletro presentava non una sinusite, ma un tumore. Hanno quindi potuto descrivere l’osteoma osteoide del seno frontale, per la prima volta in paleopatologia.
Con l’esame della datazione al Carbonio-14, i ricercatori hanno stabilito che l’uomo debba essere vissuto tra il 420 ed il 540 d.C., un’epoca più tarda rispetto alla fondazione della necropoli di Fiumefreddo. Questo significa che la tomba è stata riutilizzata in seguito alla sua costruzione.
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