La minaccia degli asteroidi è sempre più reale come dimostrano le frequenti notizie che leggiamo sul passaggio ravvicinato di alcuni di questi corpi celesti di diverse dimensioni in prossimità della Terra. Proprio per questo motivo da alcuni anni nei vari Paesi sono attive operazioni di sorveglianza con telescopi terrestri e spaziali.
A fare parte di questo sistema di monitoraggio vi sono anche importanti agenzie spaziali come la NASA e l’ESA, che si stanno preparando insieme per affrontare l’eventualità che uno di questi asteroidi punti dritto verso il nostro Pianeta.
Sono circa 23.000 gli asteroidi giudicati pericolosi perché la loro orbita li spinge un po’ troppo vicino al nostro pianeta e rappresentano per questo un rischio. Anche perché le loro orbite, a causa delle interferenze gravitazionali dei pianeti, possono subire dei cambiamenti e diventare pericolosi per la Terra.
Alcuni gruppi di ricercatori sono dunque da tempo a lavoro per cercare di capire come poter affrontare l’arrivo di un asteroide ipotizzando vari tipi di interventi. Tra le proposte vi sono stati alcuni progetti drastici come l’invio di ordigni nucleari, o alcune meno drammatiche come lo spostamento lungo la traiettoria grazie all’interazione gravitazionale con un veicolo spaziale.
La cosa certa è che si tratterebbe di un intervento complicato, ma la collaborazione tra NASA ed ESA, potrebbe dar vita ad un sistema di intervento che rappresenta un primo passo concreto in quella che potrebbe essere la giusta direzione.
Le due grandi agenzie spaziali sono ora al lavoro per sviluppare la seconda parte del progetto AIDA (Asteorid Impact & Deflection Assessment), denominata Hera. L’anno prossimo, la NASA spedirà verso l’asteroide Didymos, di 780 metri di diametro, la prima parte di questo progetto, la sonda DART (Double Asteroid Redirect Test) che andrà a schiantarsi sul secondo piccolo asteroide di questo sistema binario, Dimorphos di 160 metri.
Lo schianto produrrà un cratere e solleverà nello spazio polveri e frammenti. Due anni dopo, nel 2024, Hera raggiungerà la coppia di asteroidi per osservare e studiare le conseguenze dell’impatto.
Il cuore europeo della missione sarà il centro dell’ESOC a Darmstadt (Germania), e al progetto, come ricorda il presidente dell’Asi Giorgio Saccoccia, ha attivamente partecipato anche l’Italia, sia come investimenti che nella realizzazione di alcuni componenti essenziali per la missione. A realizzarli saranno la Ohb Italia, la Thales Alenia Space Italia e la Avio.
In Italia saranno realizzate anche i due Cubesat, due mini sonde satellitari che hanno il compito di osservare, studiare e capire l’interazione con Dydymos e Dimorphos, in tutte le sue fasi.
Un primo Cubesat tutto italiano e realizzato dalla Argotec di Torino, sarà imbarcato sulla sonda DART della NASA. Questo primo satellite si staccherà da DART prima dell’impatto e ne seguirà in diretta la caduta sull’asteroide.
Anche il secondo Cubesat nascerà a Torino, presso la Tyvak con la collaborazione del Politecnico di Torino. Questo secondo satellite, battezzato “Milani” in onore di uno dei protagonisti internazionali della ricerca sugli asteroidi, sarà a bordo di Hera. Questo secondo mini satellite studierà da vicino la superficie due anni dopo l’impatto.
Con la missione Hera dunque si misureranno gli effetti dello schianto del DART su Dimorphos, analizzando l’eventuale variazione nel suo movimento e nella sua orbita, per determinare se la missione lo abbia effettivamente reso innocuo per il nostro pianeta.
Ph. Credit: ESA
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