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Effetto Dunning-Kruger: cosa spinge tutti a dire la propria sul Covid-19

La crisi generata dal COVID-19 e il corrispondente confinamento hanno portato a un’esplosione di articoli, post sui social network, conversazioni familiari e interventi nelle riunioni dei media interrogando, criticando, analizzando, spiegando o fornendo soluzioni per combattere la pandemia.

Pochi sono gli scienziati, i giornalisti o gli individui che non hanno dato il loro contributo. Alcuni commentatori, incoraggiati dalla moda della comunicazione, precedentemente chiamata telegenia, hanno sostituito virologi, epidemiologi ed esperti nella gestione della pandemia.

 

L’effetto Dunning-Kruger

In questa fase della crisi, con una società semi-paralizzata dalla pandemia e soggetta a un sovraccarico di informazioni, non dobbiamo più approfondire l’effetto della disinformazione, ma piuttosto analizzare quel che, con opinioni spesso infondate, si avvicina al così complesso scenario di crisi sanitaria mondiale.

L’effetto Dunning-Kruger, o il modo in cui gli esseri umani diventano opinionisti di tutto senza sapere molto di nulla, potrebbero spiegare l’emergere di correnti di pensiero non esperte, in grado di risolvere qualsiasi problema indipendentemente dalla sua natura.

Questa teoria si basa sullo studio condotto da David Dunning e Justin Kruger alla Cornell University, con il quale intendevano indagare il comportamento dei soggetti con scarsa preparazione per una situazione razionalmente complessa.

Il risultato dello studio è stato il concretizzarsi di una teoria secondo la quale si manifesta l’incapacità dei soggetti di riconoscere la loro ignoranza, nonché la tendenza a sminuire la conoscenza degli esperti in queste materie.

Questo pregiudizio, paradossalmente, trasforma, attraverso un’illusione di superiorità, persone con una conoscenza superficiale di alcune questioni in veri esperti che osano con questioni complesse come la gestione istituzionale di uno scenario insolito come quello in cui viviamo oggi.

È vero che questa particolarità non è particolarmente nuova. Già Isaac Asimov, in una rubrica intitolata “Un culto dell’ignoranza“, ha cercato di definire le caratteristiche di un pensiero in contrasto con le riflessioni degli esperti. Da allora, poco è cambiato perché, alla fine, viviamo in quella che è stata chiamata l’era dell’anti-intellettualismo.

 

Relazione tra esperti e governo

Quando iniziarono ad arrivare le prime informazioni sul COVID-19, era difficile immaginare che la situazione avrebbe raggiunto gli estremi in cui viviamo.

Questa situazione è normale in politica. I politici non sono sempre specialisti nella materia che gestiscono. Questa mancanza o mancanza di conoscenza specifica è sostituita dalla figura dei consulenti. Sono, forse, una figura poco conosciuta, ma con una trascendenza molto rilevante.

In breve, questa crisi viene gestita in modo equivalente al resto dei Paesi. Gli scienziati formano il comitato consultivo che analizza e consiglia l’esecutivo nel processo decisionale. Pertanto, e sebbene il capo visibile non sia un esperto, non è vero che questa pandemia sia gestita al di fuori della loro opinione.

L’emergere di piattaforme in cui l’anonimato consente una condizione superiore di libertà di espressione ha causato un aumento del fenomeno, essendo queste piattaforme un oratore in grado di amplificare qualsiasi opinione particolare senza occuparsi delle responsabilità individuali. È vero che servono anche a diffondere le conoscenze scientifiche e le raccomandazioni e le analisi di veri esperti.

 

Il termometro dell’opinione pubblica

L’esposizione pubblica consente, tra l’altro, che alcuni cittadini prendano coraggio e forniscano l’opinione che ritengono appropriata su questioni complesse la cui profondità, forse, non ci siamo fermati ad analizzare. Ciò fa sì che i social network influenzino notevolmente i partiti politici. Twitter non dovrebbe essere usato come un termometro dell’opinione pubblica.

Forse è tempo di abbandonare le lotte mediatiche e iniziare a far luce su un futuro incerto. Ciò dipenderà dalla capacità di conciliazione dei rappresentanti eletti e dalla volontà di riconoscere il vero nemico, il virus. Separare la gestione della crisi sanitaria dall’ideologia dovrebbe essere un obbligo, e ancora di più in questi tempi di ansia. Questa dottrina, sebbene rivoluzionaria, solleva l’unico modo per concentrarsi, senza lente dottrinale, sul vero problema. Non è il governo, è il COVID-19.

Federica Vitale

Ho studiato Shakespeare all'Università e mi ritrovo a scrivere di tecnologia, smartphone, robot e accessori hi-tech da anni! La SEO? Per me è maschile, ma la rispetto ugualmente. Quando si suol dire "Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere" (Amleto, l'atto indovinatelo voi!)

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