Nel 79 DC il Vesuvio eruttò con una potenza inaudita distruggendo gli insediamenti nelle vicinanze. Ovviamente la più città più famosa che si ricorda è Pompei dove si sono trovati moltissimi calchi in gesso delle sfortunate vittime della pioggia di cenere e pomice. Al contrario spesso si dimentica anche di Ercolano i cui cittadini sembrano avere ricevuto una morta anche più dolorosa, probabilmente.
Apparentemente quest’ultimi sono morti a causa dei gas vulcani i quali hanno investito le case con così tanto calore da vaporizzare i fluidi corporei. Il fenomeno relativo a queste correnti di gas finora non era stato ben compreso, ma ci ha pensato un nuovo studio pubblicato su Nature Geoscience a fare un po’ di luce; i ricercatori del team provengono in parte dagli Stati Uniti e in parte dalla Nuova Zelanda.
Ecco una dichiarazione di Gert Lube, il primo autore dietro tale studio e legato alla Massey University in Nuova Zelanda: “I vulcanologi hanno saputo per quasi un secolo che deve esserci un processo che opera nel flusso piroclastico che supera l’alto attrito del materiale vulcanico e lo lascia scorrere come l’acqua per lunghe distanze.”
Per portare avanti questi ricerca i ricercatori hanno raccolto 1.300 Kg di materiale vulcanico rilasciato dall’eruzione del Taupo in Nuova Zelanda nel 232 DC. Una volta riscaldati sono stati gettati in uno scivolo lungo 12 metri e il risultato ha sorpreso tutti in quanto avevano raggiunto una distanza più elevata di quanto pensato.
La pressione che si forma al passaggio del flusso di materiale piroclastico crea una zona di gas calda; quest’ultimi vengono spinti verso il basso mentre l’assenza di attrito permette al tutto di scorrere ancora più velocemente. L’effetto è stato soprannominato hovercraft e questa scoperta aiuterà meglio a capire gli effetti delle eruzioni vulcaniche; questo effetto, tra l’altro, è osservabile anche in altri avvenimenti come alcune valanghe di neve, ovviamente senza la parte relativa al calore elevato.
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