Sono passati ormai nove anni da quando fu scoperto un nuovo pianeta al di fuori del nostro Sistema Solare. Un esopianeta conosciuto con la sigla HR8799e. E da allora gli scienziati si sono concentrati sullo studio di ciò che di particolare ha questo pianeta, ovvero la sua strana atmosfera.
Per eseguir le lor analisi, i ricercatori hanno utilizzato l’interferometria ottica, grazie allo strumento GRAVITY, installato sul Very Large Telescope Interferometer (VLTI), del’Osservatorio Spaziale Europeo (ESO). Si tratta dello stesso metodo usato per studiare il buco nero al centro della Via Lattea, Sagittarius A*. Questa tecnica utilizza in combinazione la luce proveniente da diversi telescopi, creando così un telescopio virtuale che risulta essere più grande. Si tratta della prima volta che una tecnica del genere viene impiegata per lo studio di un esopianeta. In questo modo saranno in grado di ottenere delle immagine dieci volte più dettagliate rispetto ai precedenti studi.
HR8799e è in pianeta relativamente giovane, ha infatti solo 30 milioni di anni. Più giovane della Terra, ma con dimensioni decisamente maggiori. Il suo raggio è infatti simile a quello di Giove, ma la sua massa è sorprendente, è più o meno 10 volte maggiore rispetto a quella del gigante gassoso del nostro Sistema Solare.
HR8799e orbita attorno ad una stella che si trova a 129 anni luce dalla Terra, ed è un pianeta decisamente inospitale ed inabitabile. La sua temperatura si aggira attorno ai 1000 °C ed è sferzato da tempeste perenni.
Grazie alle osservazioni con l’interferometria ottica, i ricercatori hanno anche potuto determinare la composizione della sua atmosfera, composta per la maggior parte da monossido di carbonio. Inoltre i ricercatori hanno rilevato che il pianeta è circondato da pesanti nuvole di ferro e polvere di silicato.
Ciò che lascia perplessi gli scienziati, è l’enorme quantità di monossido di carbonio ed idrogeno slegati, presenti nella sua atmosfera. L’ipotesi proposta come soluzione a questo enigma, è che vi siano all’interno delle tempeste molto violente, con venti di forza inaudita, che mantengono slegati l’idrogeno ed il monossido di carbonio. In questo modo non è infatti possibile la formazione di metano sul pianeta dalle nubi di ferro.
A capo della ricerca vi è Sylvestre Lacour, dell’Osservatorio di Parigi (PSL) e dell’Istituto Max Plank. Lacour ha dichiarato: “Le nostre osservazioni mostrano una palla di gas illuminata dall’interno, con raggi di luce calda che turbinano attraverso le zone tempestose di nubi oscure. La convezione sposta le nuvole di silicati e particelle di ferro, che si disgregano e piovono verso l’interno. Questo è il quadro dell’atmosfera dinamica di un esopianeta gigante alla nascita, sottoposto a complessi processi fisici e chimici”.
Con GRAVITY e l’interferometria ottica, si aggiunge quindi, un nuovo modo di osservare gli esopianeti, al già vasto arsenale di metodi disponibili per i telescopi e gli strumenti dell’ESO. Una nuova applicazione di una tecnica d’indagine conosciuta che apre la strada a molte nuove importanti scoperte.
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