Un team di scienziati della University Research Space Association presso il Goddard Space Flight Centre della NASA, guidati da Thomas Fauchez, è al lavoro per cercare tracce di ossigeno negli esopianeti con l’utilizzo del James Webb Space Telescope, uno strumento all’avanguardia in grado di scrutare le atmosfere di questi pianeti lontani.
Sembrerebbe infatti che il team di Fauchez abbia individuato un segnale molto forte prodotto dallo scontro di molecole di ossigeno che, secondo i ricercatori, potrebbe essere rilevato dal James Webb all’interno delle atmosfere degli esopianeti. La scoperta di ossigeno in questi mondi lontani potrebbe rappresentare un grande passo avanti nella ricerca della vita extraterrestre.
Come affermano i ricercatori nel loro studio, pubblicato su Nature Astronomy, prima di questa ricerca il James Webb Telescope non era ritenuto in grado di rilevare tracce di ossigeno a livelli simili a quelli che ci sono sul nostro Pianeta. Il team di ricerca ha invece individuato un nuovo metodo per rendere l’ossigeno rilevabile da questo potente telescopio nelle atmosfere degli esopianeti.
In realtà questo tipo di segnale dell’ossigeno è noto sin dagli inizi degli anni ’80, scoperto durante alcuni studi sull’atmosfera terrestre. Ma ora il team di Fauchez ha trovato un modo per sfruttarlo nella ricerca di ossigeno su altri pianeti.
I ricercatori hanno creato un modello computerizzato che riproduce il sistema planetario di una stella nana di tipo M. Queste stelle, più piccole e più fredde del Sole, hanno un’intensa attività esplosiva che genera un notevole quantitativo di luce ultravioletta. Nel loro modello i ricercatori hanno ricreato questa radiazione ultravioletta, studiandone l’impatto sull’atmosfera dell’esopianeta attorno alla stella nana e le conseguenze sulla chimica dell’atmosfera.
Usando questo modello è stato possibile per i ricercatori simulare il modo in cui le diverse lunghezze d’onda della luce stellare (ognuna con il suo colore) si modificano al passaggio del pianeta davanti alla nana M. In questo modo è possibile identificare questa particolare traccia di ossigeno nell’atmosfera degli esopianeti.
Quando la luce della stella attraversa l’atmosfera del suo pianeta infatti, l’ossigeno ne assorbe una porzione specifica, cioè tutta la radiazione infrarossa con lunghezza d’onda di 6,4 µm. E l’assorbimento della luce da parte dell’ossigeno dipende proprio dall’energia della collisione tra le molecole di ossigeno. Ed è proprio l’assorbimento di questa luce infrarossa che, invisibile all’occhio umano e ad un normale telescopio, può invece essere rilevata dal James Webb Space Telescope.
La scoperta di un eventuale abbondante presenza di ossigeno in un esopianeta che orbita attorno ad una nana M, potrebbe indicare semplicemente che quel pianeta ha un’atmosfera, e potremmo scoprirlo solo con una semplice osservazione dei transiti da parte del James Webb. Un aspetto da non sottovalutare se si tratta di un pianeta che orbita attorno a questo tipo di stella nana.
Come ricorda Fauchez infatti “questo è importante perché le stelle nane M sono molto attive ed è stato ipotizzato che l’attività stellare possa spazzare via intere atmosfere planetarie. Sapere se un pianeta in orbita attorno a una nana M ha avere un’atmosfera è importante per comprendere le interazioni stella-pianeta attorno a queste stelle, numerose e attive”.
Ma anche se individuassimo alte concentrazioni di ossigeno nell’atmosfera di un esopianeta, questo non indica necessariamente che ci sia vita sul pianeta. L’ossigeno infatti, che sulla Terra è il prodotto della fotosintesi clorofilliana, potrebbe infatti accumularsi nell’atmosfera di un esopianeta per cause indipendenti dall’attività vitale, come ad esempio l’evaporazione dei suoi oceani. Un’atmosfera densa di ossigeno potrebbe dunque non essere un segnale univoco di presenza di vita su un pianeta extraterrestre.
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