Due eminenti scienziati che studiano il modo in cui gli esseri umani potrebbero lasciare la Terra e creare colonie nello spazio, hanno raccontato alla rivista inglese online Metro.co.uk, quali potrebbero essere i problemi dell’eventuale colonizzazione umana di altri corpi celesti, affermando che gli esseri umani potrebbero finire per mangiarsi l’un l’altro.
Secondo Charles Cockell, professore di astrobiologia all’Università di Edimburgo, e Cameron Smith antropologo della Portland State University, gli esseri umani potrebbero un giorno riuscire a creare delle colonie prima su Marte e poi sulla luna di Giove, Callisto, e su Titano, una delle lune di Saturno, in modo da poter fuggire da una Terra ormai in rovina a causa del cambiamento climatico o di assicurarsi una sorta di backup in caso di estinzione. Ma se, una volta stabilite delle colonie nello spazio, i raccolti dovessero fallire e l’uomo non riuscisse a procurarsi del cibo, allora potrebbe diventare una specie cannibale.
Secondo i due scienziati infatti, le principali minacce per delle colonie umane cosi lontane dalla Terra, da cui potrebbero ricevere aiuti, sarebbero legate proprio alla carenza di cibo, alle malattie e all’incapacità di diventare autosufficienti.
Cockell ritiene che affinché i sistemi siano affidabili, anche quelli previsionali di un eventuale colonia umana nello spazio, devono essere prima testati. Per questo ritiene che il cannibalismo possa divenire una realtà in alcuni scenari. Come egli stesso afferma “ciò si basa su situazioni storiche. L’equipaggio di Franklin ha cercato di trovare il passaggio a nord-ovest via nave alla fine del 19° secolo, con le tecnologie più sofisticati disponibili a quel tempo. (…) Eppure si sono persi, sono rimasti bloccati e hanno finito per degenerare nel cannibalismo“.
Anche secondo il dottor Smith le forniture di cibo sono una questione chiave. Come egli afferma infatti “una delle prime cose che [gli esseri umani] dovrebbero fare, è stabilire un ottimo sistema di allevamento“ e di produzione del cibo da immagazzinare.
Secondo l’antropologo statunitense, un altro problema che si potrebbe riscontrare in una colonia umana nello spazio sono le malattie. Almeno per la prima generazione, o per le prime due, le grandi popolazioni dovrebbero essere divise in insediamenti più piccoli ed autosufficienti, che possano essere tranquillamente messi in quarantena, qualora dovesse rendersi necessario.
Le prime colonie di esseri umani nello spazio, secondo il dottor Smith, dovrebbero essere basate sul commercio, ovviamente non quello che intendiamo noi oggi. Quella che probabilmente sorgerà, sarà infatti secondo il dottor Smith, una comunità “quasi medievale” in stile agricolo.
Come spiega infatti egli stesso, “quando le persone hanno iniziato a coltivare, si sono stabilite in piccoli villaggi di diverse centinaia di persone. Questi insediamenti avevano un contatto (minimo) con altri villaggi agricoli, un po’ come una prima colonia. Coltivavano e allevavano tutto ciò che mangiavano, producevano tutto ciò che indossavano ed il tutto era un sistema locale autosufficiente.”
Secondo l’antropologo non è detto che se il sistema dovesse giungere al collasso, gli esseri umani nello spazio finirebbero col diventare necessariamente cannibali. La storia ci dimostra infatti che la nostra specie può reagire positivamente o negativamente a condizioni a volte molto difficili.
Secondo il dottor Smith simili problemi e scenari macabri, potrebbero essere evitati stabilendo a priori delle regole da seguire in caso si verificassero determinate situazioni. Ma nonostante tutte le difficoltà che questa sfida potrebbe presentare alla nostra specie, entrambi gli scienziati sono concordi che creare una colonia nello spazio, sia qualcosa di vitale e necessario per la “sopravvivenza umana”.
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