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Felicità nella prossimità della morte: tra biologia, psicologia e spiritualità

La vicinanza alla morte è un momento carico di emozioni intense e contrastanti. Per molti, rappresenta una fase di paura e tristezza, ma sorprendentemente alcune persone riferiscono di sperimentare una sensazione di pace interiore e perfino felicità. Questo fenomeno, documentato sia da esperienze personali che da ricerche scientifiche, ha radici profonde nella psicologia, nella spiritualità e nella biologia umana.

Una delle spiegazioni più plausibili per questa esperienza è il cambiamento nella percezione del tempo e delle priorità. Quando la vita si avvicina alla fine, molte preoccupazioni quotidiane perdono significato. Le persone tendono a focalizzarsi su ciò che ritengono davvero importante: relazioni affettive, ricordi felici e una riconciliazione con se stessi. Questo cambiamento di prospettiva può portare a una profonda gratitudine e apprezzamento per la vita vissuta, suscitando emozioni positive.

 

Felicità e serenità di fronte alla morte, un fenomeno complesso e universale

La biologia gioca un ruolo significativo in questa esperienza. Studi suggeriscono che il cervello, di fronte alla morte imminente, possa rilasciare endorfine e altri neurotrasmettitori associati al benessere. Questo “picco chimico” potrebbe essere un meccanismo naturale per alleviare il dolore fisico e psicologico, creando una sensazione di euforia e serenità. Inoltre, ci sono evidenze che, in alcuni casi, il cervello possa attivare aree legate a stati di consapevolezza superiore, come durante esperienze di pre-morte. Questi stati, descritti come “unione con l’universo” o “luce interiore”, possono generare un senso di felicità profonda e inesprimibile.

Per molte persone, la spiritualità o la fede religiosa offre un sostegno cruciale durante la fase terminale della vita. La credenza in un aldilà o in una dimensione trascendente può infondere speranza e accettazione. La convinzione che la morte sia solo una transizione, e non la fine definitiva, può trasformare la paura in pace interiore e persino gioia. Inoltre, i rituali spirituali e le pratiche contemplative, come la meditazione e la preghiera, possono aiutare a ridurre l’ansia e favorire un senso di riconciliazione con il proprio destino.

Un altro fattore che contribuisce a queste sensazioni è il senso di completamento. Le persone che sentono di aver vissuto una vita piena e significativa spesso raggiungono uno stato di accettazione serena. Questa sensazione di “lavoro compiuto” può generare una felicità autentica, legata al significato e allo scopo della propria esistenza. Al contrario, chi percepisce di avere rimpianti o di non aver raggiunto i propri obiettivi potrebbe non sperimentare la stessa pace. Tuttavia, anche in questi casi, processi di riconciliazione e perdono possono favorire una transizione più serena.

 

Un profondo impatto positivo su chi le vive

Le esperienze di pre-morte (NDE, Near-Death Experiences) offrono un altro spunto per comprendere il fenomeno. Molte persone che hanno vissuto momenti di morte clinica riferiscono di aver provato sensazioni di amore incondizionato, pace e felicità. Questi racconti spesso includono visioni di luce intensa, incontri con figure amate e un senso di fusione con qualcosa di più grande. Sebbene le NDE siano ancora oggetto di dibattito scientifico, alcune teorie le collegano a dinamiche cerebrali come la diminuzione dell’attività corticale o l’aumento dell’attività limbica. Indipendentemente dall’origine, queste esperienze sembrano avere un profondo impatto positivo su chi le vive.

Anche la presenza di persone care può contribuire a creare un senso di felicità. La vicinanza emotiva e fisica di familiari e amici offre conforto, riduce la solitudine e rafforza il legame umano. Momenti di riconciliazione o espressioni di amore possono portare sollievo e gioia, anche nelle circostanze più difficili.

La felicità in prossimità della morte non è un fenomeno universale, ma rappresenta una dimensione complessa e affascinante dell’esperienza umana. Essa può emergere da una combinazione di fattori biologici, psicologici, spirituali e sociali. Comprendere questo fenomeno ci aiuta non solo a vedere la morte sotto una luce diversa, ma anche a riflettere sul valore della vita e sull’importanza di vivere pienamente ogni istante.

Immagine di ijeab su Freepik

Marco Inchingoli

Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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