Nel 2011 la centrale nucleare di Fukushima fu colpita da un forte terremoto e da uno tsunami alto 15 piedi, provocando il crollo di importanti porzioni di tre dei reattori della centrale nucleare del Nord-Est del Giappone. Da allora si sta procedendo con la bonifica dell’area contaminata, e la rimozione dell’acqua radioattiva, contaminata dopo lo tsunami. Al momento sembra che l’accesso senza tutta protettiva per le radiazioni, sia possibile in circa il 96% dell’area. Ma per la completa decontaminazione delle zone interessate dall’incidente, bisognerà attendere almeno 30 o 40 anni. Entro questo termine la centrale sarà completamente bonificata e disattivata.
Ma sembra che le autorità giapponesi si siano trovate di fronte ad un problematico ostacolo: entro tre anni sarà esaurito lo spazio per lo stoccaggio dell’acqua contaminata. Dall’onda dello tsunami, tonnellate di acqua si riversarono nella centrale contaminandosi e mescolandosi all’acqua radioattiva usata per raffreddare la centrale. Con un copioso disboscamento, si fece spazio per la costruzione di oltre 1000 serbatoi che potessero contenere la grande quantità di acqua contaminata. Ma ora questo spazio si sta esaurendo.
Da una cospicua porzione di questa acqua fu rimossa la gran parte di cesio rendendola quindi meno pericolosa, se pur ancora radioattiva a causa della presenza del trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno difficile da separare dall’acqua radioattiva, sebbene relativamente inoffensivo.
Sino ad oggi sono già state immagazzinate oltre 1 milione e mezzo di tonnellate di acqua radioattiva, riempiendo ben 960 serbatoi. All’attuale velocità di riempimento dei serbatoi e di rimozione dell’acqua contaminata (150 tonnellate al giorno), i serbatoi potrebbero presto essere tutti pieni e la piena capacitò dell’impianto di recupero, potrebbe essere raggiunta entro i prossimi 3 anni, ovvero prima della la fine dell’estate del 2022.
Per ora le soluzioni proposte dalla Tokyo Electric Power Co. (TEPCO), la società che gestisce l’impianto di Fukushima, i cui vertici si sono incontrati la scorsa settimana, hanno proposto solo poche soluzioni al problema. Durante la riunione infatti si è parlato di far evaporare l’acqua radioattiva oppure di iniettarla in profondità nel sottosuolo. Un’altra opzione sarebbe quella di costruire altri serbatoi per lo stoccaggio a lungo termine dell’acqua contaminata. Un’altra soluzione, decisamente non apprezzata e malvista da ambientalisti e residenti, è quella di pompare questa acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico.
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