Secondo un nuovo studio, le nuove tecnologie genetiche disponibili potrebbero ridisegnare gli alberi evolutivi fino ad ora disegnati con tanta fatica da parte di ricercatori nel corso dei secoli.
Un albero evolutivo, o albero filogenetico, è un diagramma ramificato che mostra le relazioni evolutive tra varie specie biologiche in base a somiglianze e differenze nelle loro caratteristiche. Storicamente infatti, gli alberi evolutivi sono stati creati studiando le caratteristiche fisiche: le somiglianze e le differenze nelle anatomie delle varie specie.
Ora invece i progressi della tecnologia, e soprattutto della genetica, consentono ai biologi di utilizzare i dati genetici per decifrare le relazioni evolutive. Lo studio mostra come gli scienziati si stanno rendendo conto che i dati molecolari portano spesso, molto più di quanto si pensasse, a risultati molto differenti dalle classificazioni fino ad ora date per certe e ottenute in base ai tratti fisici. La genetica dunque potrebbe rimescolare le carte della storia dell’evoluzione sulla Terra.
La nuova ricerca è stata condotta dagli scienziati del Milner Center for Evolution dell’Università di Bath. I base ai dati ottenuti in questo studio si evince che determinare gli alberi evolutivi degli organismi confrontando l’anatomia piuttosto che le sequenze geniche può essere spesso fuorviante. Potremmo quindi dover stravolgere secoli di lavoro accademico che classificavano gli esseri viventi in base al loro aspetto.
I dati genetici (molecolari) permettono infatti di stabilire le relazioni evolutive per le specie in modo molto rapido ed economico, dimostrando spesso che organismi che una volta pensavamo fossero strettamente imparentati in realtà appartengono a completamente diversi rami dell’albero.
In questo nuovo studio i ricercatori hanno confrontato gli alberi evolutivi basati sulla morfologia con quelli basati su dati molecolari e li hanno mappati in base alla posizione geografica.
Hanno scoperto che gli animali raggruppati da alberi molecolari vivevano più spesso insieme nelle stesse aree geografiche rispetto agli animali raggruppati usando gli alberi morfologici.
Come spiega infatti Matthew Wills, professore di paleobiologia evolutiva presso il Milner Center for Evolution dell’Università di Bath, “il nostro studio dimostra statisticamente che se si costruisce un albero evolutivo di animali basato sui loro dati molecolari, spesso si adatta molto meglio alla loro distribuzione geografica. Il luogo in cui vivono diverse specie, ovvero la loro biogeografia, è un’importante fonte di prove evolutive che era familiare a Darwin e ai suoi contemporanei.”
Lo studio ha scoperto inoltre che l’evoluzione convergente, ovvero l’evoluzione separata in due gruppi diversi di organismi non correlati geneticamente di una stessa caratteristica, è molto più comune di quanto i biologi pensassero in precedenza. E potrebbe proprio essere questo aspetto che per secoli ha confuso scienziati e naturalisti, portandoli a pensare che specie che in realtà non erano filogeneticamente collegate, fossero invece sullo stesso ramo.
I ricercatori hanno inoltre notato vi è una “forte prova statistica degli alberi molecolari che si adattano meglio non solo a gruppi come quelli studiati, ma anche all’albero della vita di uccelli, rettili, insetti e piante”. Il fatto che sia un modello “così diffuso, lo rende molto più potenzialmente utile come test generale di diversi alberi evolutivi, ma mostra anche quanto sia stata pervasiva l’evoluzione convergente quando si tratta di fuorviarci”.
Foto di mcmurryjulie da Pixabay
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