I geni associati ai batteri resistenti agli antibiotici sono stati scoperti nell’Artico settentrionale, una delle regioni più remote del pianeta Terra. Sebbene non sia stata confermata alcuna speculazione riguardo tale teoria, alle Svalbar sono stati identificati geni come blaNDM-1, che possono conferire resistenza ai carbapenemi, gli antibiotici di ultima istanza nel trattamento delle malattie.
I batteri resistenti agli antibiotici sono stati identificati per la prima volta in un ospedale in India nel 2007/2008 e, successivamente, nell’acqua piovana a Delhi nel 2010. Secondo il quotidiano Environment International, questa scoperta mostra che possono esistere nel Circolo polare artico.
Il rischio di diffusione di questi superbatteri è, per molti scienziati, una minaccia maggiore rispetto alle richieste climatiche. Le operazioni di routine diventerebbero potenzialmente fatali, le malattie si diffonderebbero più velocemente e diventerebbero più resistenti fino a che non si presentino le condizioni necessarie affinché si ribaltino tutti i noti ostacoli della medicina.
L’uso eccessivo di antibiotici è una delle cause comprovate dello sviluppo della resistenza, ma questo risultato, in una regione così isolata, dimostra che anche la mancanza di servizi igienico-sanitari può avere un’influenza.
Quattro Paesi sottosviluppati su dieci hanno accesso garantito all’acqua pulita o alle condizioni sanitarie di base. Se una infezione resistente agli antibiotici si sviluppa in uno di questi Paesi, sarebbe un’apocalisse. I confini non fermano le epidemie.
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