I geoneutrini sono al centro di studi sulle caratteristiche della Terra già dalla metà dello scorso secolo, quando George Gamow e Fred Reines (premio Nobel per la fisica), suggerirono per primi che questo particolare tipo di particelle potesse essere usato per studiare i decadimenti radioattivi che si verificano all’interno della Terra.
All’epoca però era una sfida impossibile da affrontare data la passa probabilità di interazione di queste particelle con la materia ed il troppo rumore di fondo causato dalle radiazioni cosmiche e terrestri.
Oggi invece, dopo quasi settant’anni questa sfida è stata vinta dai ricercatori dell’esperimento Borexino. Il sofisticato esperimento si trova nelle profondità della Terra, 1400 metri sotto il massiccio del Gran Sasso, presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso. La sua posizione protegge ed isola l’esperimento dalla radiazione cosmica e da quella terrestre. Borexino si trova quindi immerso in quello che è conosciuto come silenzio cosmico, rendendolo l’esperimento più puro per lo studio dei neutrini, non solo quelli cosmici provenienti dallo spazio, ma anche quelli che provengono dal profondo del nostro pianeta, i geoneutrini.
Borexino raccoglie dati sui neutrini dal 2007 e nel corso degli anni ha acquisito molti dati con una sofisticata analisi. Gli ultimi dati raccolti sui geoneutrini sono stati pubblicati sulla rivista “Physical Review D”, articolo che è stato selezionato come Editors’ Suggestion (suggerito dall’editore), ponendolo tra gli articoli considerati di maggiore rilievo e interesse scientifico.
I neutrini sono particelle elusive con una massa piccolissima e privi di carica elettrica, con una interazione quasi nulla con la materia. Per questo sono estremamente difficili da osservare. Ma anche se non li percepiamo affatto, ogni secondo circa un milione di geoneutrini attraversano un centimetro quadrato della superficie della Terra. Queste particelle sono uno dei pochi mezzi che abbiamo per esplorare direttamente le viscere della Terra.
Nell’ultimo anno, grazie a questo sofisticato esperimento, sono stati identificati ben 53 nuovi eventi dovuti ai geoneutrini. Quasi il doppio degli eventi dello scorso anno, il cui flusso aveva reso possibile il miglioramento delle misurazione.
Il risultato delle misurazioni e dei dati raccolti da Borexino, mostra che una buona parte del calore sprigionato all’interno della Terra, proviene dal decadimento di atomi di torio e uranio nel mantello. I geoneutrini infatti sono il prodotto del decadimento radioattivo nell’interno del nostro pianeta, ed infiammano il pianeta risalendo fino alla superficie, rimanendo comunque invisibili.
Livia Ludhova, coordinatrice di Borexino, ha infatti affermato che “i geoneutrini sono le uniche tracce dirette dei decadimenti radioattivi che si verificano all’interno della Terra e che producono una porzione ancora sconosciuta dell’energia che guida tutte le dinamiche del nostro pianeta”.
Come spiega infatti Gioacchino Ranucci, ricercatore dell’INFN e co-responsabile della collaborazione scientifica Borexino, “per la prima volta il segnale dei neutrini prodotti dai processi di decadimento radioattivo di uranio e torio distribuiti nel mantello terrestre è stato chiaramente osservato, permettendo di escludere al 99% l’ipotesi di assenza di radioattività nelle profondità della Terra”.
Questo risultato dimostra dunque che una cospicua parte del calore sprigionato dalla Terra proviene dal decadimento radioattivo dell’uranio-238 e del torio-232 presenti nel mantello terrestre, lo strato spesso quasi 3.000 km, su cui poggia il sottile strato su cui ci muoviamo, la crosta terrestre. I ricercatori di Borexino ritengono, con una probabilità dell’85%, più della metà del calore terrestre sia prodotto dai decadimenti radioattivi nelle rocce del mantello.
Questi risultati di Borexino aprono le porte ad una nuova serie di scenari per l’esplorazione geochimica della Terra. Conoscendo infatti il valore minimo di presenza di torio ed uranio nel mantello della Terra, si può affermare che una notevole quantità dell’energia che alimenta terremoti, vulcani ed il campo magnetico terrestre, sia prodotta dalla radioattività del mantello.
Marco Pallavicini, ricercatore della Sezione INFN di Genova e co-responsabile della collaborazione scientifica Borexino, ritiene che “la pubblicazione non solo raccoglie i nuovi risultati ma presenta anche una metodologia di analisi che potrà essere adottata dagli esperimenti di nuova generazione, che vedranno l’INFN protagonista a livello internazionale. La prossima sfida della comunità scientifica è riuscire a misurare i geoneutrini provenienti dal mantello con una significatività statistica maggiore, magari con rivelatori distribuiti in luoghi diversi sul nostro pianeta”. A questo proposito, in Cina, è attualmente in costruzione un esperimento 70 volte più grande di Borexino, che si chiamerà Juno e che potrebbe fornire molte più informazioni sull’argomento.
I nuovi esperimenti ed i nuovi dati, potrebbero aiutarci a far luce su questi processi ancora avvolti nel mistero, che hanno luogo nelle profondità della Terra. Ben presto dunque, potremmo svelare che cos’è che accade proprio sotto i nostri piedi, a migliaia di chilometri di profondità, con meccanismi così potenti da alimentare vulcani, terremoti ed il campo magnetico che ci difende dalle radiazioni solari e senza il quale la Terra sarebbe forse come Marte.
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