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Giocare ai videogiochi da bambino può rendere più intelligenti anche anni dopo aver smesso

Giocare ai videogiochi da bambino può renderti più intelligente, anche anni dopo aver smesso. Un nuovo studio ha rilevato differenze nelle capacità cognitive di ex giocatori accaniti. A proposito, i videogiochi non sono solo divertenti per chi ci gioca, ma possono avere alcuni vantaggi extra.

Allo studio hanno partecipato 27 volontari, di età compresa tra i 18 ei 40 anni, che hanno giocato ai videogiochi in passato o non hanno mai giocato affatto. Ogni partecipante è stato sottoposto a un test cognitivo prima di passare un’ora e mezza a giocare a Super Mario 64 per dieci giorni consecutivi. Successivamente, i volontari hanno effettuato due nuovi test cognitivi: uno poco dopo la fine dei dieci giorni e un altro 15 giorni dopo.

I partecipanti hanno ottenuto risultati diversi sulle attività di memoria di lavoro prima di giocare, ma hanno mostrato risultati simili dopo 15 ore di gioco. I ricercatori hanno scoperto che l’età e il sesso non avevano alcuna influenza sui risultati, ma hanno trovato qualcosa che ha differenziato i partecipanti.

I giocatori accaniti durante la preadolescenza avevano prestazioni notevolmente migliori nei compiti di memoria di lavoro rispetto a quelli che non avevano mai giocato prima. Sebbene le 15 ore di tentativi di salvare la Principessa Peach abbiano leggermente livellato i risultati, era ovvio che l’esperienza passata si sentiva ancora nei risultati cognitivi, anni dopo essere stati giocatori accaniti.

 

Le considerazioni degli esperti

Coloro che erano giocatori accaniti prima dell’adolescenza, nonostante non giocassero più, si sono comportati meglio nei compiti di memoria di lavoro, che richiedono la memorizzazione e la manipolazione mentale delle informazioni per ottenere un risultato“, ha spiegato Marc Palaus, ricercatore presso l’Universitat Oberta de Catalunya, in una dichiarazione.

Le persone che hanno giocato regolarmente quando erano bambini hanno ottenuto risultati migliori sin dall’inizio nell’elaborazione di oggetti 3D, anche se queste differenze sono state attenuate dopo il periodo di formazione nei videogiochi, quando entrambi i gruppi avevano livelli simili“, ha aggiunto Palaus.

I risultati completi dello studio sono descritti in uno studio pubblicato a giugno sulla rivista scientifica Frontiers in Human Neuroscience.

Photo by Boukaih on Unsplash

Federica Vitale

Ho studiato Shakespeare all'Università e mi ritrovo a scrivere di tecnologia, smartphone, robot e accessori hi-tech da anni! La SEO? Per me è maschile, ma la rispetto ugualmente. Quando si suol dire "Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere" (Amleto, l'atto indovinatelo voi!)

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