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Grafene: creati dei biosensori ultrasensibili per rilevare alcune malattie

Da una ricerca del College of Science and Engineering dell’Università del Minnesota arriva un nuovo straordinario dispositivo che utilizza il grafene. Questo dispositivo rappresenta il primo passo per creare biosensori ultrasensibili che rilevino le malattie a livello molecolare con un’elevata efficienza.

 

Analizzare la struttura proteica per diagnosticare le malattie

Questi biosensori, che sondano le strutture proteiche, potrebbero migliorare notevolmente l’accuratezza della diagnosi, per un’ampia varietà di malattie. Tra cui il morbo di Alzheimer, la malattia da deperimento cronico ed i disturbi dell’encefalopatia spongiforme, che sono legati all’errato avvolgimento delle proteine. I biosensori potrebbero anche portare a nuove e migliori tecnologie per lo sviluppo di nuovi composti farmaceutici.

Come ha spiegato Sang-Hyun Oh, professore di ingegneria ed informatica e ricercatore capo dello studio, “al fine di diagnosticare e curare molte malattie, abbiamo bisogno di rilevare le molecole proteiche in piccole quantità e capirne la struttura. Attualmente ci sono molte sfide tecniche in questo processo e ci auguriamo che il nostro dispositivo a base di grafene, possa fornirà l’aiuto necessario per superare tali sfide”.

 

La sfida per l’utilizzo del grafene nei biosensori

Il grafene è un materiale costituito da un singolo strato di atomi di carbonio, scoperto più di dieci anni fa. Uno straordinario composto che ha affascinato i ricercatori con ampia varietà di proprietà incredibili, che hanno trovato impiego in moltissimi campi con diverse applicazioni.

La sfida iniziale nella ricerca di un biosensore al grafene consisteva nel suo spessore di singolo atomo. Questo infatti non li rendeva particolarmente in grado di assorbire la luce, caratteristica essenziale assieme alla conversioni di campi elettrici, per la rilevazione di piccole quantità di molecole, durante la diagnosi delle malattie. I sistemi assorbivano infatti solo il 10% dell’energia luminosa fornita.

Per superare questo problema, in questo nuovo studio, i ricercatori hanno combinato grafene con dei nastri metallici d’oro di dimensioni nanometriche. Con una tecnica chiamata “template stripping” e creata presso lo stesso ateneo, i ricercatori sono riusciti a creare una superficie ultrapiatta come base per il grafene.

 

Dal 10% al 94%, una resa inaspettata

Usando l’energia della luce hanno generato un movimento degli elettroni del grafene, simile a delle onde che si diffondono attraverso un “mare” di elettroni, noto come onda plasmonica. Illuminando il dispositivo, a strato di grafene con un singolo atomo, sono stati in grado di creare un’onda plasmonica con un’efficienza senza precedenti, con un assorbimento della luce del 94%. Quando hanno inserito le molecole proteiche tra il grafene e i nastri metallici, sono riusciti a visualizzare singoli strati di molecole proteiche.

Il professor Oh, che detiene la cattedra di ingegneria elettrica presso l’Università di Minnesota, ha affermato che “le simulazioni al computer avevano già dimostrato che questo nuovo approccio avrebbe funzionato, ma eravamo comunque sorpresi quando abbiamo raggiunto il 94% di assorbimento della luce in dispositivi reali. Ottenere un così buon accordo tra teoria ed esperimento è stato abbastanza sorprendente ed eccitante”.

Valeria Magliani

Instancabile giramondo, appassionata di viaggi, di scoperte e di scienza, ho iniziato l'attività di web-writer perché desideravo essere parte di quel meccanismo che diffonde curiosità e conoscenza. Dobbiamo conoscere, sapere, scoprire e viaggiare, il più possibile. Avremo così una vita migliore, in un mondo migliore.

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